Rassegna storica del Risorgimento

1849 ; MAMELI GIORGIO
anno <1918>   pagina <613>
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Il contrammiraglio Giorgio Mameli nei 1849 613
quando toovavasi ad Ancona, non poteva certamente lasciare il prò-pno bastimento per recarsi a Torino a partecipare ai lavori del Par­lamento subalpino; secondo, perchè, lasciata la flotta e trovandosi nel mese di marzo in Genova, afflitto e sdegnato pel trattamento avuto dal Ministero di guerra e marina, - che lo aveva posto a terra senza alcun impiego - non aveva avuto l'animo d'andare ad impigliarsi in dibattiti parlamentari. E poi perchè, in sulle prime, voleva orien­tarsi per scegliere la via politica da seguire in quei momenti così pieni d'incognite, alla scoperta delle quali, più che il sentimento di parte - e la sua parte era quella della Sinistra parlamentare -, oc­correva una visione larga, per poter abbracciare interamente il com­plesso della situazione generale del paese,- creata dagli avvenimenti che precedettero la giornata di Novara.
Se rapprezzamento della situazione parlamentare si presentava tutt'altro che facile prima della giornata di Novara, questa avvenuta, divenne ancora più difficile per lo scatenamento delle passioni che ne segui. Passioni ohe gettarono il Piemonte in una convulsione tale, da far temere per la sua indipendenza, per la sua libertà, per la sua costituzione medesima di stato italiano.
Scoppiati i moti di Genova, era naturale, dato il temperamento del nostro Giorgio Mameli, ch'egli non si sentisse il cuore d'andare alla Camera a concionare o a sentir concioni, quando la sua città, di cui era un rappresentante, venne a trovarsi in uno stato di semi-rivoluzione in un primo tempo, e poi sotto i rigori dello stato d'assedio, allorché Lamarmora con le sue truppe l'aveva ridotta a capitolare.
Sopraggiunsero in seguito le proccupazioni sulla sorte del -suo Goffredo ferito sul Gianicolo, il suo viaggio a Roma tatto con la spe­ranza di ritrovarvi il figlio, da ultimo il dolore che aveva accasciato la sua fibra di soldato nell'affetto più intimo di padre.
A tutto ciò aggiungansi te numerose crisi ministeriali, avvenute in quella prima metà del 1849, i vari scioglimenti della Camera, le perturbazioni che ne derivarono per le elezioni dei nuovi deputati, per quanto allora il corpo elettorale fosse cosi esiguo di numero, da non poter stabilire un confronto con l'elezioni d'oggi, nelle quali una massa imponente di elettori si reca alle urne, sotto la guida e lo sti­molo della stampa e dei patrocinatori.
I suoi elettori però, in quelle ripetute elezioni politiche, gli ed mantennero fedeli per la stima grande che avevano di lui e poi perchè, per mantenerglisi ligi, non avevano bisogno ch'egli sì scalmanasse a catechizzarli o lusingarli con promesse e con altro.
Perciò, quasi a sua insaputa e senza ch'egli ne avesse solleci­tato i suffragi, i suoi elettori lo rimandarono nuovamente alla nuova