Rassegna storica del Risorgimento
BOURGIN GEORGES
anno
<
1959
>
pagina
<
94
>
94 Libri e periodici
come, a Cesenatico, grappi di legionari si diedero disordinatamente a fare incetta di viveri , dove quel disordinatamente e quel fare incetta adombrano con certa chiarezza la violenza d'un Baccheggio più che l'attività d'una requisizione; sa narrare come, ancora a Cesenatico, Garibaldi stesso si recasse dal commissario di sanità Clemente Cavalca, e lo costrìngesse minacciandolo della vita a requisire venti bragozzi da pesca, sui quali i marinai furono spinti con le buone o con qualche piattonata Bulla schiena .
Tutto ciò dà al racconto un alone di verità, di realtà; e ingrandisce la figura di Garibaldi, che seppe vincere anche questi ostacoli, più meschini, meno evidenti, ma non certo per questo meno pericolosi e meno logoranti, con la stessa forza d'animo che lo sorresse a mai scoraggiarsi di fronte agli eserciti armati o alla ostilità dissimulata, che gli permise di superare l'urto violento del pericolo come l'attacco subdolo e insinuante dello scoraggiamento.
Infatti era uscito da Roma con ciò che gli rimaneva delle sue truppe, inseguendo la speranza di poter resuscitare l'insurrezione in Toscana. < onstatata vana questa sua speranza, Garibaldi aveva deciso di puntare su Venezia, che ancora resisteva per continuare colà a tener viva la fiamma della rivolta; rivelatasi inattuabile anche questa aspirazione, sfuggito per miracolo agli Austriaci (nelle cui mani eran caduti Ugo Bassi e Giovanni Livraghi, fucilati poco dopo, nell'agosto di quel 1849) e per di più colpito in maniera tanto profonda dalla morte di Anita, Garibaldi si era affidato, tanto fiducioso da sembrare assente, alle mani dei molti patrioti che formavano quella trafila per mezzo della quale il Nizzardo e il fedele Leggero furono posti in salvo. Ma che l'animo di Garibaldi fosse in realtà sempre vigile, lo rivela un episodio, marginale, se vogliamo, ma significativo: una notte, presso Ravenna, i due proscritti erano ad attendere una guida, quando udirono serie intermittenti di scoppi. Garibaldi balzò in piedi, e, convinto che a Ravenna fosse scoppiata una rivolta, voleva colà dirigersi per partecipare al moto, animando gli insorti con la sua presenza e la sua azione. Ma era solo, purtroppo, l'eco dei fuochi d'artificio che, per la festa dell'Assunta, venivano accesi in piazza del Duomo.
Quando ne fu informato, Garibaldi dovette di nuovo mestamente sedersi, attendendo tempi migliori. Ancor più ardente e battagliero ai dimostrava Giovan Battista Culiolo: prontissimo a seguire il generale in questo caso, dovette essere da lui frenato in altre occasioni; quando ad esempio, entrati i fuggiaschi a Palazzuolo, sotto la guida di don Giovanni Verità, essendo informati, mentre si rifocillavano, che quattro finanzieri granducali s'avvicinavano a loro, affermò che li avrebbe affrontati da solo Come pure più tardi, alla vigilia dell'imbarco, a Scarnilo, saputo che e si poteva contare su tutti i giovani del luogo. Leggero propose: Generale, ricominciamo da qui? Ma Garibaldi pensava anche a non compromettere chi doveva restare; e perciò calmò di nuovo il fido amico ancora poco più tardi, quando le guide proposero di deviare per evitare un piccolo presidio di canno* nieri, con un vecchio pezzo; saputo che quei soldati erano solo sei, passiamo di là esclamò Leggero ! non ce ne tocca neppure uno per uno . Romantiche guasconate d'un caldo animo avventuroso e patriota.
Infine, non possiamo cessar di parlare del libro del Bcseghi senza ricordare le cartine topografiche che, specie nella prima parte, aiutano perfettamente a seguire l'esodo della truppa armata da Roma occupata. RICCARDO RINALDI
GIUSEPPE MASSARI, Diario dalle cento voci, 1858-1860. Edizione critica a cura di EMILIA Moratti; Bologna, Cappelli, 1959, in 8, pp. XXXV 111-54.3. L. 5000.
Questa edizione critica, por la quale ò stata adottata come titolo la definizione di Adolfo Omodeo, sostituisce quella su cui ebbero a sollevare riserve molte e gravi Alessandro Lazio e lo stesso Omodeo (G. MASSARI, Diario 1858-60 sull'azione politica del conte di Cavour, con prefazione di G. BF.LTKANI, Bologna, Cappelli, 1931). Una parte del Diario, fonte importantissima per la politica cavouriana, era apparsa a Napoli, nel 1903,