Rassegna storica del Risorgimento
1849 ; MAMELI GIORGIO
anno
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1918
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pagina
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615
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Il contrammiragUo Giorgio Mameli nel 1849 015*
a indebolire la resistenza dell'esercito furono precisamente coloro che erano rimasti comodamente alla pacifica ed egoistica vita privata e quelli che per pigrizia intellettuale, spregiatori d'ogni novità, vedevano nella guerra una necessità di moto a loro ripugnante, o per grettezze municipali o per timori di perdere quei privilegi che costituivano l'essenza della loro vita.
D'altra parte i tempi non erano ancora maturi. La preparazione morale della guerra non era stata tale da penetrare profondamente gli strati sociali alti e bassi.
H marchese Vincenzo Ricci al fratello Alberto, che era in diplomazia, in quel turno di tempo, da Torino scriveva : I nostri diplo-* niatici all'estero, invece di sostenere il Governo, non fanno che pre- dicare la necessità dei colpi di Stato, n Senato è impopolarissimo, su tutte le arcate dei portici vi sono invettive ; figurarsi, il mode- rato Sclopis è uno dei più liberali... Il Ministero tutto, ma in modo particolare quello degli esteri, è trascinato dalla reazione .
Il partito retrogrado ed austriacante - diciamola pure la parola scottante composto dai moderati avversanti lo Statuto e dal clericali intransigenti, andavano ripetendo che il trattato di pace del 6 agosto, redatto a Milano, non solo era necessario accettare, ma che era anche onorevole.
Vincenzo Rice! riceveva .da un suo amico una lettera nella quale si leggeva : La parola pace onorevole fu, a mio credere, ineonside- rata, fu un infelice abuso di aggettivi. La pace era una necessità che bisognava accettare sènza frasi .
Di questa opinione erano gli uomini meglio avveduti del Parlamento, compreso r allora neo deputato Camillo Cavour. Ma tant'è, la furia delle passioni partigiane aveva trasformato la Camera subalpina in una conventicola di faziosi, intenti a sfogare reciprocamente l'uno contro l'altro rancori nuovi ed antichi, senza badare se, così operando, facessero o meno il bene del paese.
In questa deplorevole situazione parlamentare il nostro Giorgio Mameli, per quanto appartenente alla Sinistra, non condivideva la opinione de' suoi. La dura condizione di pace era la triste conseguenza della sorte subita dalle armi. Per quanto il suo sentimento patriottico non fosse meno ardente di tanti altri, ohe lo avevano solamente dimostrato a parole, egli, soldato, e quindi persona positiva, adusato a considerare la possibilità delle cose nel campo pratico e non nell'atmosfera evanescente d'irrealizzabili idee, trovavasi invece d'accordo con Massimo d'Azeglio, Cesare Balbo, Camillo Cavour, Urbano Rattazzì.
Era sorto in lui un dissidio fra la sua coscienza patriottica ed i vincoli che aveva con la sua parte politica. Naturalmente, data la