Rassegna storica del Risorgimento
ROMANO LIBORIO
anno
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1959
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pagina
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165
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Liborio Romano 165
Ma certo è, e la constatazione è a mio credere molto significativa, che in, quell'improvviso passaggio da ministro costituzionale dell'ultimo Borbone a responsabile principale del primo ministero della dittatura garibaldina, il Romano fu confortato e sorretto, oltre che dal consenso e dal plauso delle forze popolari della capitale, da quello della stragrande maggioranza responsabile del paese. Non ci fu in quell'ora decisiva nessuna voce discorde, non si levò contro di lui nessuna accusa: nello speciale e incredibile clima determinatosi in Napoli nelle giornate del 6 e 7 settembre, quel gesto parve a tutti naturale, logico, spontaneo, apparve anzi a tutti, anche e sovrattutto a chi di li a qualche mese leverà alta la condanna della propria indignazione moralistica, quasi Vunica garanzia dell'ordinato trapasso dei poteri.
L'aver confortato re Francesco II alla partenza era un titolo di merito del ministero SpinelliRomano, che non poteva essere sottovalutato, ed un suo titolo di benemerenza verso la città di Napoli veramente notevole; merito grandissimo del Romano l'aver saputo impedire un tramonto sanguinoso della dinastia borbonica, allontanando in anticipo dalla capitale e dal regno tutti i vecchi aguzzini borbonici, rinnovando il personale amministrativo, riformando il sistema carcerario, opponendosi sino alla line ad ogni manovra reazionaria, reprimendo e sventando le congiure di palazzo dei principi del sangue, preparando in realtà la pacifica annessione del Mezzogiorno al resto d'Italia. È un merito che la storia non può disconoscere al ministero SpinelliRomano; e del resto la onorevole parte che negli anni seguenti ebbero nella vita del nuovo Stato alcuni dei componenti del Gabinetto basti pensare a un Giovanni Manna o a un G. Salvatore Pianell servirebbe da sola a dimostrare la lealtà e, sotto un certo punto di vista, anche l' italianità della sua condotta.
Se è discutibile che in quel periodo lo stesso Cavour credesse alla possibilità di una rapida attuazione dell'imita, è comprensibile che la fede nei benefici della costituzione ridata al popolo da Francesco II e la speranza di un accordo leale tra il Piemonte e Napoli fossero vive non solo in Liborio Romano, ma in tanti sinceramente liberali, che diverranno unitari solo dopo il 1860. Sembrava che questo fosse il mezzo e il meglio che si potesse sperare.
Queste convinzioni in principio, e poi la conversione all'idea unitaria, a mano a mano che gli avvenimenti precipitavano, furono non solo del Romano, ma di gran parte della borghesia meridionale, e in questo senso Romano può essere preso quasi a interprete del ceto medio napoletano.
Una descrizione, limitata al suo caso, veramente sincera e suadente, di una simile evoluzione, può leggersi nelle dichiarazioni che al parlamento italiano, nel giugno del 1864, fece proprio quel Giovanni Manna, cui si accennava poco innanzi; rispondendo ad una accusa del Saracco egli re-
1) Cfr. N. COBTESE, I verbali delle, sedute dell'ultimo consiglio dei ministri borbonico e dot primo della dittatura, in Rassegna storica- del Risorgimento, a. XXII (1935), voi. I, pp. 254-292,