Rassegna storica del Risorgimento
ROMANO LIBORIO
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1959
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Ruggp.ro Moscati
plico in pieno parlamento era già ministro dell'agricoltura, con una difesa bellissima che è opportuno rileggere. Si trattava nei '60 asserì il Manna di riprodurre la libertà del '48, di aprire le carceri e gli ergastoli, di rompere gli esiliì a infinita gente che gemeva; si trattava di stringere una larga alleanza offensiva e difensiva con l'unificazione di amministrazioni, dogane e monete fra l'Italia inferiore e l'Italia superiore. E l'idea parve grande, degnissima, e se la cosa più grande e bella ch'è Punita non fosse miracolosamente e inaspettatamente venuta, se non avesse stupendamente invaso la mente degli italiani, certamente quella soluzione più modesta che io proponevo era ciò che c'era di meglio da fare .
E dopo, continua il Manna, replicando al Saracco, voi volevate che noi ce ne stessimo in disparte, che non partecipassimo alla vita della nuova Italia solo perchè avevamo servito il Borbone? No. Io dissi a me stesso: se questo sentimento di cose ti piace, se questa nuova arena ti alletta, entraci ora, ora che si rischia, ora che si combatte, ora che l'uomo ai compromette, ora o mai più. Queste dichiarazioni del Manna possono far comprendere la posizione particolare di vari ministri del gabinetto Spinelli. Del resto, nell'indirizzo che rivolse al dittatore per deporre nelle sue mani il potere, Liborio Romano riuscì a fare il punto non solo per Garibaldi, ma per la posterità, della situazione ed a ben delineare la difficile posizione dell'ultimo ministero costituzionale di Francesco II: Noi accettammo il potere scriveva come un sacrificio dovuto alla patria, in momenti difficili, quando il pensiero dell'Unità italiana era divenuto onnipotente: quando la fiducia tra governo e governati era già rotta, quando gli antichi sospetti e gli odi repressi erano fatti più palesi dalle nuove franchigie costituzionali; quando il paese era fortemente scosso da gravi timori di nuova e violenta reazione . In tali condizioni continuava accettammo il potere solo per mantenere la pubblica tranquillità, per preservare lo Stato dall'anarchia e dalla guerra civile. Ogni nostro studio fu rivolto a questo scopo. H paese ha compreso il nostro divisamento e ha saputo apprezzare i nostri sforzi. La fiducia dei nostri concittadini non ci è mai venuta meno e dobbiamo alla loro efficace collaborazione se in tante ire di parte si è pur mantenuta questa città scevra di violenze e di eccidi.
Generale, tutte le popolazioni del regno, dove con l'aperta insurrezione, dove con la stampa, dove con altre manifestazioni, hanno svelato in modo evidente il loro voto. Vogliono anch'esse far parte della grande patria italiana, sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele. Voi siete, generale, il simbolo più sublime di questo voto e di questo pensiero, e perciò tutti gli sguardi si rivolgono a voi e tutte le speranze in voi riposano. E noi, depositari del potere, cittadini e italiani anche noi, confidenti lo trasmettiamo nelle vostre mani .
Abbiamo definito poco fa incredibile clima quello napoletano del 7 settembre; abbiamo letto la pagina rievocatrice del Romano. E tutti sanno che l'ingresso di Garibaldi in Napoli, dopo un viaggio in ferrovia