Rassegna storica del Risorgimento

ROMANO LIBORIO
anno <1959>   pagina <168>
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168 Ruggero Moscati
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alla sinistra impressione lasciatagli dalla permanenza del Romano al potere, ben riflettuto alla cosa aggiunge dovetti convincermi e della buona fede dell'uomo e del non picciol servizio da lui reso al paese. ÀI quale evitò mali infiniti, troncando ogni nervo e chiudendo ogni via alla guerra civile, e contribuendo a far si che incruento affatto riuscisse uno degli avve­nimenti più singolari del nostro secolo; ed a questo mirabil fatto sacrifi­cando ciò che l'uomo deve aver di più caro al mondo, la propria fama, senz'alcun frutto raccoglierne che i vituperi nonché della parte borbonica, di non pochi tra i liberali medesimi, essendo pur rimasto qua! era prima, cioè non ricco, e il governo italiano non lo avendo neppure insignito di quella croce dei SS. Maurizio e Lazzaro che prodiga in modo sì scan­daloso .
Per non tornare più oltre su questa questione morale, concluderemo, con Giovanni Bovio, che era impossibile uscire incontaminato dalle con­dizioni onde Liborio Romano fu come incatenato nel 1860 . Il problema invece che interessa maggiormente lo storico è un altro: come, in quali ambienti sorsero le accuse al Romano? Quale parte politica esasperò le accuse stesse per servirsene? E la risposta all'interrogativo è molto sem­plice. Naturalissime in realtà l'indignazione e le calunnie di parte borbo­nica, ma di esse non vai la pena di tener cónto, perchè non hanno stori­camente alcun peso.
Le accuse sorgono e si dilatano con un'abile opera di diffusione, che ebbe la sua centrale in Torino oltre che a Napoli, proprio quando l'emigra­zione politica liberale moderata, tornata piemontizzata in patria (basti pensare come ad esempio tipico di quella mentalità ad un altro pu­gliese del Risorgimento, a Giuseppe Massari) si rende conto del peso del­l'opposizione del Romano, nei consigli della luogotenenza e nel paese, alla sua opera rigidamente contralista e oltremodo ligia alle direttive del governo sardo. Si tenta di creare perciò, proprio alla vigilia della battaglia elettorale del 1861, quella questione morale che avrebbe dovuto col suo peso schiacciare l'irriducibile avversario politico e che minò certo le basi del Romano, anche se in un primo momento il popolo meridionale gli rimase nella sua maggioranza fedele e ben sette collegi elettorali gli assi­curarono, come è noto, contemporaneamente e con una schiacciante mag­gioranza, un seggio nel primo parlamento italiano.
Dobbiamo quindi a questo punto cercare di approfondire quei due aspetti, che sono peraltro intimamente connessi, quasi due lati di una stessa figura, che danno risalto alla personalità politica del Romano: la grande popolarità dell'uomo e le ragioni, i caratteri e i limiti del suo dis­sidio con la destra unitaria e centralista.
Strana, direi addirittura inspiegabile, a prima vista, l'enorme popolarità di don Liborio, popolarità su cui sono concordi tutti i contemporanei, dal Cavour al Garibaldi, dal Poerio al Nisco, e. che è costretto ad ammettere.