Rassegna storica del Risorgimento
ROMANO LIBORIO
anno
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1959
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pagina
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170
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170 Ruggero Moscati
Un vecchio uomo, dunque: nato nel Leccese, a Patii, nello scorcio del secolo decimottavo, da una di quelle famiglie tipiche della frazione illuminata dalla nostra borghesia provinciale; di quella parte, sana, indu-stre, attiva, della nostra borghesia agraria, che ora è di moda vilipendere, ma che merita tutta la nostra riconoscenza. Di quelle famiglie che si erano lentamente e faticosamente fatte le ossa attraverso il sacrificio di varie generazioni durante il viceregno spagnuolo, per poi presentarsi sulla scena in tutta la pienezza della loro vitalità culturale ed economica solo nel decennio francese. Era stata quella la loro grande giornata: e da allora esse ebbero funzione di ceto medio attivo e indipendente, diedero impulso e incremento al progredire economico e quindi sociale del Mezzogiorno d'Italia, convissero senza far mai causa comune col dispotismo borbonico, che esautorarono dal di dentro con la loro opposizione, passiva quanto si vuole, ma tenace e sistematica.
Famiglie, dunque, come quella di Romano, che, non soltanto pel prestigio dell'oro ma per l'esempio di una opera fattiva e illuminata di direzione tecnica nel settore dell'agricoltura, avevano larga autorevolezza e notevole influenza in vaste zone rurali e potevano ora, nel momento decisivo, in nome della libertà e del progresso, agganciare alle proprie aspirazioni politiche le esigenze economico-sociali inespresse ma vivissime delle masse contadine che controllavano.
L'elevazione, l'educazione, il miglioramento economico delle condizioni di vita dei contadini, erano stati anzi uno dei problemi che avevano affaticato sin dai primi anni della giovinezza la mente del Romano: a Patù, nella ricca biblioteca paterna, egli aveva meditato assai a lungo sulle opere dei riformatori del 700 napoletano, e sin da allora i problemi economici ed agrari, oltre quelli giuridici, gli erano divenuti familiari. Bisogna fare in modo aveva concluso in uno dei suoi scritti giovanili che i nostri coloni non stian più con diffidenza nei fondi : latifondismo, malaria, mancanza di attrezzatura tecnica, e sovrattutto l'inerzia della popolazione rurale, che si adagiava su vecchi sistemi di cultura, gli erano parsi i mali urgenti da combattere. E le sue osservazioni egli aveva saputo porre, a frutto con ottimi risultati.
Il problema della terra. Lo spinoso problema dei demani meridionali. Ed è sintomatico che appena giunto al potere, in un momento in cui urgenti problemi politici premevano, il vecchio agrario leccese non avesse paura di porre sul tappeto proprio quella questione: uno dei primi atti di governo del ministro dell'interno furono, nel luglio '60, quei decreti e quelle circolari che imponevano di dare infine esecuzione a quelle ripartizioni dei demani alle classi povere decise dalla legge sin dal 1816, ma in molti comuni non eseguite son le parole del decreto per la prepotenza degli ex feudatari e degli altri usurpatori : dettando disposizioni perchè i quotisti non potessero come era avvenuto per il passato spogliarsi subito della loro quota, rivendendola alla classe borghese. Su gli stessi, concetti tornerà ancora, con insistenza, durante la luogotenenza Garignano.