Rassegna storica del Risorgimento

SOLFERINO E SAN MARTINO
anno <1959>   pagina <250>
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250 Libri periodici
non lascia dubbio alcuno sulla continuità dei fili conduttori della politica austriaca, se si esamina la narrazione retrospettiva dedicata alle vicende dal 1815 in poi. Ogni pagina è permeata, inlus et in cute di metternicnismo, di quella bipartizione manichea tra mondo della luce e mondo delle tenèbre che fu uno dei canoni del credo politico del cancelliere e del suo sistema, ed assume carattere di difesa di ufficio della politica austriaca in Italia prima del '48. Anche le prove addotte a conforto delle proprie tesi sono quelle prodotte a suo tempo dal cancelliere.
Ad esempio, nell'intento di smascherare l'azione svolta dalla Francia che avrebbe sfruttato la favola dell'aspirazione austriaca a procacciarsi ingrandimenti territoriali trasformandola in un'idea fissa degli Italiani , il Weiss (p. 67 segg.) ricorda il noto col­loquio Metternich-Lavol del 1829 per insistere sulla sincerità degli schiarimenti dati dal cancelliere, ma su almeno due oggetti successione di Carlo Alberto ed istituzione di una commissione centrale di polizia in Italia l'atteggiamento ufficiale del principe può oggi essere smentito sulla scorta delle carte archivistiche.
Un'altra formula cara al Mettermeli per sollecitare il concorso delle potenze alle misure di controllo da lui auspicate fu quella della Centrale parigina con funzioni direttive verso tutte le sette europee, che egualmente si rinviene nel documento del Weiss (p. 89)* In alcune pagine (186 segg.) il Weiss sembra ripudiare il sistema metternichiano, ma si tratta più di un ripudio dettato dall'insuccesso politico e dal senno del poi che da una meditata e motivata opposizione ad esso.
A mio avviso, la natura contingente di questo ripudio può servire anche di falsariga per inquadrare opportunamente il progetto di confederazione italiana, di cui il Weiss, al termine della sua memoria, si professa fautore. Nel riconoscere l'ineluttabilità di un postulato il postulato dell'unità e dell'indipendenza, il postulato per cui l'Italia deve essere italiana e non più austriaca, non più francese , il Weiss assume, nell'inter­pretazione del Filipuzzi, la figura di superatore della formula dell'espressione geografica di metternichiana memoria e del progetto di Lega Italica, accarezzato dal cancelliere ai tempi del congresso di Vienna. Si può, tuttavia, parlare di superamento della formula metternichiana se, per il Weiss, l'unità geografica della penisola si riduce alle regioni al di là del Ticino e del Po, e se la si nega implicitamente da un punto di vista istituzionale, anche monarchico? Si può insistere su un'Italia non più austriaca, non più francese, con stretti legami dinastici tra gli Asburgo al di qua e al di là del Po, e con il ritorno alla osservanza dei trattati del 1815, auspicato dal Weiss a pag. 272? Non costituisce, forse, una implicita negazione del concetto di nazione italiana la affermazione del Weiss che la nazionalità non si fonda solo sulla casualità dell'origine e sull'uguaglianza della lingua, ma sull'omogeneità degli interessi dettati dalla geografia, e che, sostanzialmente, il ri­sveglio del '48 non è altro che manifestazione di spirito anarchico, che dimostra la inesi­stenza degli Xt"HiPÌ come nazione? Non nega il Weiss il talento politico né l'eccellenza della piatitauomo, né l'onestà dei principi, ma si tratta solo di elementi diversi che fanno bene sperare per il futuro: ...grazie a tutto ciò può riuscire agli Italiani di conseguire parità di condizioni con gli altri popoli dell'Europa, che li hanno preceduti su questa via, fondando, con l'andar del tempo, disciplinati e concordi, tutti quegli istituti e quelle leggi, con cui la nazione giunge alla consapevolezza della propria esistenza e della propria di­gnità . Concludendo, mi sembra che il postulato del Weiss sull'unità e sull'indipendenza non sia condizionato dalla illuminata coscienza di una individuale funzione di questa Italia nò austriaca, né francese, nell'ordinamento pubblico europeo, ma riposi sulla oppor­tunità politica dì questa forma di confederazione italiana agli occhi della monarchia asburgica. Nel Weiss vi è, insomma, la paura del '48 che parla, con malcelate intenzioni di conformare il suo piano a strumento del nuovo ordinamento giuridico pubblico austriaco, 'fissato nella Costituzione del 4 marzo 1849, che, d'altra parte, come é noto, durò V espace d?un matin. Se pertanto questo piano è da ritenersi indizio del cambiamento di formo e di metodi intervenuta a Vienna dopo la rivoluzione del '48, à evidente che esso non esercitò alcuna efficacia sulla politica austriaca degli anni successivi, che rimase egoisticamente abbarbicata all'istinto della conservazione ed al principio dvlV uti possidetis, senza nessuna