Rassegna storica del Risorgimento

SOLFERINO E SAN MARTINO
anno <1959>   pagina <253>
immagine non disponibile

Libri e periodici 253
tutta la sua personalità. L'asserzione di Alessandro Luzio che quel generale aveva un orizzonte intellettuale dei più limitati e qui dimostrata inesatta.
La parte più ampia del libro, tuttavia, è dedicata agli anni, in coi il maresciallo austriaco si trovò in Italia, dal 1831 al 1858. In essa ha larga trattazione, come era logico, il biennio 1848 e 1849. Il Rcgele ha studiato la rivoluzione e le due campagne, oltre che da storico, anche da uomo che conosce personalmente il mestiere delle armi e la scienza militare. In particolare, per quel che riguarda la nostra sensibilità nazionale, che del resto appare rispettata con squisita comprensione e con tatto cavalleresco in tutto il libro, essa rimane un po' turbata, a dire il vero, alla lettura di alcuni dati numerici relativi all'entità delle truppe messe in campo dalle due parti nelle prime battaglie del '48 (pa­gina 268 sg.), sebbene il Regcle, lungi dal trarne giudizi poco riguardosi per i combattenti italiani ai limiti a citare la nota osservazione di Carlo Cattaneo mentre Carlo Alberto andava raccogliendo voti, Radetzky raccoglieva uomini (p. 272) e a ricordare la frase pronunciata dal maresciallo austriaco uscendo da Milano il 23 marzo a Vienna, non Milano, mi ha vinto (p. 266). Egli tuttavia avrebbe potuto risparmiarci anche questo piccolo torto se avesse consultato l'opera molto lodata per obiettività, che lo Stato maggiore italiano pubblicò a suo tempo sulla campagna del '48'49, astenendosi così dall'errore, che ha forse commesso, dì calcolare per gU Italiani la massa che esisteva in tutta la zona vicina al combattimento e per gU Austriaci soltanto quelli, che erano materialmente impegnati sulla prima linea.
Già Alessandro Luzio aveva intuito che la popolarità di Radetzky, anche tra le plebi italiane, era un fatto che può mortificare il nostro patriottismo, ma non è per questo meno accettato . Il Regele la considera ormai una verità passata alla storia, allorché (p. 273) ricorda che il popolo milanese accolse il 6 agosto del 1848 gli Austriaci col grido di vengono i nostri.
I rapporti fra il quartier generale in Italia e il governo centrale di Vienna sono stati studiati con particolare attenzione, specialmente durante il biennio 1848-49. Il Mettermeli prima, il Pillersdorf, il Wessenberg, il Ficquelmont e lo Schwarzcnberg poi sono passati in rassegna, l'uno dopo l'altro, attraverso le carte dell'archivio di guerra e dell'archivio politico. Al Regele non sfugge alcuna sfumatura. Grazie alle sue ricerche, noi abbiamo davanti agli occhi il quadro completo, sotto l'aspetto militare, politico ed economico. Vediamo il maresciallo Radetzky occuparsi di problemi strategici inquadrati, con maturo senso realistico, nelle possibili ripercussioni politiche in Italia, in seno alla monarchia, e in tutta la comunità europea.
Alia battaglia di Novara, alla sua preparazione e al corso delle trattative che ne seguirono per la pace col Piemonte sono dedicate considerazioni molto serene, cui lo studioso è giunto dopo un'obiettiva disamina anche delle più recenti fonti italiane (pa­gina 289 sgg.). Non ci fa ormai più alcuna meraviglia il frequente ricorrere della nota, con cui ai accenna nel libro ad un Radetzky buono con i suoi, mite, spesso generoso, sempre cavalleresco coi vinti. Il Regele non lo dice nel suo libro, perchè forse gli è sfug­gito un importante documento dell'archivio di Stato di Vienna, in parte pubblicato recentemente, che i Lombardi compromessi nella rivoluzione del '48 e durante le due campagne successive ebbero l'amnistia dopo Novara proprio grazie all'autorevole ed ener­gico intervento del maresciallo presso il governo di Vienna. Ma è vero anche questo fatto. Il Radetzky qualificò appunto in quel documento come uomini d'onore (ehrcnhafter Cbaraktcr) i Lombardi ribelli e si assunse la gravissima responsabilità del proprio giudizio di fronte ad un governo centrale, che non gli era davvero molto favorevole precisamente a causa degli atteggiamenti che egli aveva talvolta assunto dopo la giornata di Novara di fronte a certi aspetti del problema italiano, da lui stesso giudicato molto diversamente in altre circostanze meno favorevoli per la sicurezza e l'incolumità della monarchia, di cui egli Voleva essere, in ogni caso, fedele e leale servitore*
Particolare insistenza dedica il Regele alla grande generosità, con cui il maresciallo metteva in evidenza i meriti dei suoi dipendenti fino al punto da oscurare anche i propri. In questo, bisogna dargli atto, il maresciallo Radetzky olire un esempio, che ricorre