Rassegna storica del Risorgimento
SOLFERINO E SAN MARTINO
anno
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1959
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pagina
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256
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256 Libri e periodici
ranze, purtroppo tradite dei combattenti dì lassa; Turi, il marinaio, vorrebbe avere una colomba da poterla mandare all'amica, e dirle;
Vola a Palermo, e lo mio amor consola, ditte che Turi ha vinto la battaglia, che in petto a Turi brilla una medaglia, ditte che la Palestro imbandierata prima di tutti è dentro Pota entrata. Ma quando a Polo grideremo evviva, conta pur Vora, perchè Turi arriva: se arriva Turi, non si fa più guerra, si fan le nozze appena scende a terra: fatti di sposa, fattela, la veste, ti porterò l'anello da Trieste.
Purtroppo le infauste giornate di Custoza e di Lissa impedirono la realizzazione delle sacrosante speranze degli irredenti. Irredento era morto Michele Facbinetti di Visi-nada, cantore della sua Istria soretta di Roma; irredenti, ma sempre fidenti nell'Italia, erano scomparsi l'isolano Besengbi, il triestino Revere, il capodistriano Combi, cantori tutti di fieri accenti patriottici. Né vanno dimenticati i trentini Gazzoletti e Maffei, o tra loro maggiore Giovanni Prati, il quale fino alla morte avvenuta nel 1884 aveva sospirato di tornar lassù, non appena il Trentino fosse tolto agii estranei, ed atta madre patria restituito. Parole queste pronunciate in Senato dal suo presidente Sebastiano Tecchio, parole che diedero orìgine ad un significativo incidente diplomatico con l'Austria e provocarono alla fine le dimissioni del Tecchio.
Particolarmente doloroso fu l'ultimo quarto dell'800 per quanti confidavano in qualche occasione propizia, che consentisse la liberazione delle terre irredente. Molta parte di tali speranze fu alimentata dalla voce maschia del Carducci, il poeta del Saluto italico, della glorificazione del martirio dell'Oberdan, di Miramare e dell'ode a Dante pubblicata nel giorno dell'inaugurazione del monumento di Trento. In onore di Guglielmo Oberdan comparvero altre liriche, del Guerrini, del Mazzoni, del Cesareo e del Ferrari. Non mancò di levarsi la voce d'alcuni irredenti, come il trentino Vittori e il parentino Picciòla, mentre lo stesso Fogazzaro si dava a vedere irredentista, mentre il Boito scriveva Pinna per la Ginnastica Triestina e il Leoncavallo la musica per un inno della Lega Nazionale. All'estrema sinistra dello schieramento politico, facevano eco i versi di Felice Cavallotti e di Mario BapisardL
Con Giovanni Pascoli, che fu poeta e oratore dell'irredentismo, giùngiamo al primo '900. Anche scrittori, fuori della cerchia carducciana e solitamente lontani dall'impegno politico, levano il proprio verso battagliero: il Pirandello del poemetto Pier Gudrò , il Lipparini, il Borsi, il Bertacchi, con l'esuberante futurista Marinetti. Da oltre l'ingiusto confine giungono i versi appassionati del Pitteri, presidente della Lega Nazionale, di Filippo Zamboni, Cesare Bossi, Haydée, Benato Rinaldi, Giovanni Quarantotti (e con loro vorremmo ricordato pure il capodistriano Tino Gavardo), e ancora di Arturo de Bonetti, il Mameli del Trentino, coi dalmati Arturo Colautti e Antonio Cippico.
La tradizione lirica dell'irredentismo trova infine in Gabriele d'Annunzio la sua più compiuta espressione, trapassata allo scoppio della guerra in azione eroica di combattente. Al d'Annunzio perciò lo Stefani dedica un buon terzo del suo volume. Vengono ricordati i primi accenni adriatici negli anni giovanili, il canto per i morti di Lissa e le alte speranze nella liberazione di Trieste, le aspirazioni degli irredenti trentini fatte proprie ncÌT Ode alla memoria di Narciso e Pilade Bronzetti . Nel 1887 d'Annunzio aveva compiato col de Bosb una crociera adriatica, nel 1902 percorse in un viaggio che fu per lui illuminante e trionfale Trieste e l'Istria, Si era ai primi di maggio e alcuni illustri amici triestini avevano preparato il breve pellegrinaggio istriano. C'erano Teodoro Maycr e Silvio Benco, Giuseppe Caprin e Attilio Hortis, Riccardo Pitteri, Cesare Bossi, Francesco Salata, Felice Venezian e pochi altri. La nave dei poeti toccò dapprima Capodistria,