Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MINUTI LUIGI ; MUSEI
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1959
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EmUia Morelli
Se, il 10 dicembre 1882, Giovanni Ludovico Fossati (7 lettere, 1882-1889) giustificai suoi attacchi a Saffi e a Campanella col dire che, apostoli di una fede, con che diritto propugneremmo un principio se, per deferenza a personalità anche somme, rinunciassimo alla loro difesa? , sono assai malinconiche, nella loro stentata calligrafia, le parole che, il 18 ottobre 1883, proprio Campanella rivolge a Luigi Minuti (4 lettere, 1877-1883): Mi pare impossibile come il Dovere si ostini ad accusar me di voler raggiungere le realizzazione dei nostri ideali per mezzo del parlamento e delle vie legali. È una vera ostinazione maligna di set-tardi, mentre tutti i miei scritti e le mie lotte con Bertani, che mirava e mira tuttora a quello scopo, fanno fede del contrario. Essi mi costringeranno alfine di levar loro la testa, citando i miei scritti dal 1862 sino al dì d'oggi .
Eppure quanta fede in questi superstiti di un grande ideale, anche se non riuscivano ad adeguarsi a una nuova realtà! Leggiamo Domenico Narratone (17 lettere, 1879-1895), il 3 settembre 1884. Se la data non fosse ben chiara, parrebbe di udire parole di Mazzini: Un'iniziativa, felice di successo, in qualunque punto della Penisola, diventerebbe il gioco dei mattoni, manderebbe a rotoli questo sistema che ci sfibra e ci disonora ed assicurerebbe il trionfo della rivoluzione. La quale sarà mazziniana se noi vi ci avremo contribuito con maggior somma di saerifizii, se, cioè, noi tutti avremo fatto il nostro dovere. Su dunque in piedi tutti quanti ! Si costituiscano rapidamente dei comitati rivoluzionarii in tutti i centri principali. Sorga in Roma, o in qualsiasi altro luogo più conveniente un comitato centrale che assuma la direzione della preparazione del moto. Un manipolo di nostri, decisi a morire per l'Italia del popolo, inizii dove le probabilità di successo sono maggiori. Gli altri seguano immediatamente, francamente, senza esitanza, senza discussioni. Si salvi l'Italia lo si tenti almeno e ne salveremo se non altro l'onore 1 .
Nel 1891 Edmondo De Amicis (2 lettere) chiederà notizie sul partito e entrerà in rapporto con un teorico del movimento, Francesco Mormina Penna (95 lettere 1888-1914), il quale era convinto che i mazziniani avessero un programma storico completo non solo nelle sue linee generali, ma anche nelle sue particolarità, oltre ad avere il merito... di corrispondere a Ili bisogni della nuova era che va ad aprirsi nel movimento sociale dei popoli verso la loro completa emancipazione (18 luglio 1891).
Proprio sulla questione sociale nascono i dissidi più profondi fino alla rottura del Patto di Fratellanza. Un grido d'allarme contro l'acredine di certe polemiche viene da Luigi De Andreis (35 lettere, 1885-1907), da Milano, il 18 luglio 1892: e II patto si sgretola e la commissione direttiva, con Mani e Albani, tende a far trionfare il Partito dei Lavoratori, che si sintetizza in Turati, Tanzi e Lazzari e che è, tra i collettivisti, il più feroce adoratore dello Stato e il più profondo negatore, a fatti, se non a parole, della libertà individuale . Francesco Mormina Penna (24 gennaio 1893) tiene a sottolineare: Se mi hanno fatto onore, gli egregi socialisti d'Italia, annoverandomi fra i seguaci convinti del collettivismo, pure io resto sempre rigidamente mazziniano tanto in politica, quanto in economia. Interessante è la diagnosi che fa, da Scioli, dei .Fasci, in una lettera del 9 giugno 1893; A quanto io ne so i Fasci di Sicilia si ispirano in gran parte ai principi del socialismo, sebbene sia convinto che i nostri operai siciliani in gran parte non ne comprendano affatto il programma a base di proprietà collettiva e di lotta di classe. Vi sono spinti all'organizzazione non da principi, ma dal bisogno di trovare un appoggio, un aiuto morate e materiale nell'associazione... Io mi sono