Rassegna storica del Risorgimento
anno
<
1960
>
pagina
<
18
>
18
Renzo De Felice
giorno romano fosse ancora una volta brevissimo. Il fallito: colpo di mano del 27-28 dicembre 1797 per abbattere il governo pontificio *1 costrinse, infatti, il Ceracchi ad abbandonare Roma, con il Bonaparte e il personale francese dell'ambasciata, e a tornare precipitosamente a Parigi. Egli ne era stato, infatti, con il perugino Agretti, 2> il principale organizzatore. *> Del forzato ritorno a Parigi Ceracchi approfittò per ottenere dal governo francese un più efficace appoggio delle sue richieste di indennizzo
y La descrizione più precisa del colpo di mano del 27-28 dicembre 1797 (in cui trovò la morte il gen. Duphot) è forse quella di A. VERRI, Vicende memorabili dal 1789 al 1801, Milano, 1858, pp. 338-341.
2) Giovan Battista Agretti (Perugia 1775 ivi 1830) fu uno degli esponenti più in vista della democrazia avanzata romana ed in particolare della sua ala cattolica. Anche di lui, come della stragrande maggioranza dei repubblicani del 179899 manca ancora una vera e propria biografia.
Figlio di un artigiano restauratore, studiò a Perugia e a Roma, laureandosi in diritto. Dotato di una robusta e felice vena poetica fu in Arcadia con il nome di Nidalmo Tiseo.-Nel 1790, a Perugia, fu tra i fondatori e segretario della locale colonia dcìV Acca-dentia dei Forti, che in breve divenne il centro di raccolta dei novatori e degli scontenti perugini. Tra il 1792 e il 1794 fu al governo di Ariccia prima e di Fratta poi. Insofferente della vita in provincia, si stabili quindi a Roma, ove fu assunto come processante della Consulta. A Roma, come a Perugia, si legò strettamente con gli ambienti novatori e filo-francesi. In particolare, nel 1797, si legò di amicizia con il gen. Duphot. Fu, con il Ceracchi, l'anima del fallito colpo di mano del 2728 dicembre 1797, in seguito al quale dovette fuggire nella Cisalpina. Qui si arruolò nella legione bresciana con cui prese parte all'invasione dell'Umbria e all'occupazione di Città di Castello. Da questa località, alla fine del gennaio '98, indirizzò un appello Al popolo sovrano di Perugia invitandolo a proclamare la decadenza del potere pontificio e a repubblicanizzarsi. Ciò avvenuto, fu vicepresidente della Municipalità centrale e capo del Comitato di istruzione pubblica, mostrando nell'adempimento di tali funzioni zelo e capacità notevoli. Proclamata la Repubblica Romana, fu quindi nominato prefetto consolare perii dipartimento del Trasimeno. Anche a Roma fu una delle personalità piò rappresentative del nuovo regime, militando tra i repubblicani estremi. Curiosa testimonianza della sua popolarità è un sonetto anonimo dedicatogli dai veri cittadini della Repubblica Romana in occasione del giorno della confederazione repubblicana: in esso ai legge Verrà la Francia, tu giurasti, e venne.... Tu aliar crollasti Vesecrato trono; J E Libertà, che su '/. Tarpeo s''assise, J Scrisse: Io d'Agretti, io son de' Celti un dono. Per contribuire all'istruzione pubblica e alla diffusione dei principi repubblicani pubblicò un Catechismo Repubblicano (Assisi, 1798) nel quale, tra l'altro, sostenne la piena corrispondenza e reciproca complementarietà dei principi cristiani e di quelli democratici. Caduta la Repubblica Romana, segui le truppe francesi e fu per qualche tempo in Provenza. Dopo Marengo tornò in patria e ai stabilì a Pesaro ove riprese l'esercizio dell'avvocatura. Nel 1805 fu per alcuni mesi a Genova, presidente dell'acca-/lamio Ligure. Nel 1806 potè finalmente tornare a Roma. Durante l'Impero ricoprì un modesto incarico presso il Bureau di Liquidazione.: i suoi fieri sentimenti repubblicani e democratici gli preclusero infatti ogn'altru possibilità d'impiego. Nell'agosto 1812 abbandonò precipitosamente Roma; mancano particolari precisi sui motivi della fuga, sembra però fosse implicato In un vasto complotto italo-francese volto od abbattere Napoleone e a restaurare il regime democratico. Dopo il 1815 si ritirò definitivamente a vita privata, dedicandosi agli studi. Oltre quelle piò propriamente politiche, numerose sono le sue opere poetiche e lucogrofichc.
3) N. AZARA, Revoluciones de Homo, Madrid, 1847, p. 123.