Rassegna storica del Risorgimento
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1960
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Giuseppe Cerar chi 23
al ritorno del governo da Perugia, erano stati ammessi o riammessi in buon numero nell'apparato governativo e la cui azione andava acquistando sempre più peso nella vita politica della Repubblica t e, del resto, della sua necessità si andavano convincendo anche numerosi patrioti moderati. Un mutamento radicale non poteva, però, nella situazione romana, essere un atto politico romano . Per realizzarlo occorreva il benestare dei Francesi e non certo dei Commissari presso la Repubblica: da un lato questi non avevano poteri per autorizzarlo, dall'altro non lo avrebbero mai sostenuto, dato che sarebbe stato per essi come riconoscere il fallimento di tutta la loro azione precedente. Occorreva discuterlo e concordarlo con il quartier generale in Italia e, soprattutto, con il Direttorio a Parigi. Occorreva, quindi, inviare a Milano e a Parigi qualcuno che potesse, in gran segreto, discutere la cosa.
Di questa missione non si era sin qui informati: -) una lettera di Ceracchi al Bonaparte dei 20 vendemmiaio DC3* non lascia però dubbi sul fatto che essa vi fu e che, anzi, fu proprio il Ceracchi che la portò a termine.
Che per essa fosse stato scelto Giuseppe Ceracchi non può meravigliare: da un lato la sua scelta rassicurava i giacobini (se addirittura non erano stati essi a caldeggiarla) sulle intenzioni del governo; dall'altro lato chi poteva essere più adatto ad assolverla dello scultore ? Chi poteva presentarsi al Direttorio con altrettanti meriti e vantare tante conoscenze di primaria importanza per il buon esito della difficile missione sia negli ambienti militari, sia in quelli del Direttorio?
Purtroppo i particolari della missione del Ceracchi ci sono, allo stato attuale della documentazione, pressoché ignoti. Con sicurezza sappiamo solo, sempre dalla succitata lettera del Ceracchi al Bonaparte, che essa ebbe successo: che, cioè, il Direttorio accettò il punto di vista esposto dall'inviato segreto di Roma e, in particolare, accettò di armare il popolo romano. Cosa, in realtà, si nasconda dietro questa frase non è possibile, per ora, stabilire con precisione: poteva essere un impegno militare francese a reprimere una volta per tutte l'insorgenza, ma poteva, anche, significare la reale indipendenza della Repubblica Romana e lo sgombero di essa da parte dei Francesi. Sappiamo altresì che il Ceracchi, oltre che con il Direttorio presso il quale si valse anche dell'appoggio di alcune personalità che aveva convinto della bontà della causa che era venuto
1) Cfx. R. DE FELICE, L'evangelismo giacobina e l'abate Claudio della- Valle, in Rivi sta storica italiana* 1957, III, p. 406.
2) Accenni all'intenzione dei giacobini romani di ricorrere a Parigi in G. A. SALA* Diario, romano degli anni 1798-99, li, Romn, 1882, p. 97 e soprattutto in Diaconi recitati dalla cittadina CpurceUe habrousee nel Circolo Coalituslonale di Roma, Roma, . d., p. 163.
') AHCHTVE POEICE (PREFECTUBE-PAWIS, A. 270, doss. 2, pièce 96, or. 97.