Rassegna storica del Risorgimento

CERVIA ; MOSTRE
anno <1960>   pagina <84>
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84 Libri e periodici
profilo, anzi, non crediamo sbagliare dicendo che il saggio bibliografico finale della E.E. (di ben trenta pagine) potrà essere di notevole utilità anche in Italia. A parte questo aspetto particolare, però, non vi è dubbio che tra noi il saggio della E. E. non potrà suscitare particolare interesse, non portando nulla di nuovo alla conoscenza della figura e dell'azione del Buonarroti. ÀI massimo, potrà suscitare qualche perplessità la tesi generale dell'autrice di voler vedere nel Buonarroti il prototipo del rivoluzionario di professione . A nostro avviso tale tesi è inaccettabile. La E. E. suggestionata dal­l'interesse della storiografia marxista e comunista per il Buonarroti ha infatti appli­cato alla figura del toscano categorie psico-sociologiche di gran lunga successive; par­lare di Marx e di Engels come di rivoluzionari di professione è già discutibile- par­larne con riferimento a Buonarroti è anacronistico e assurdo: per avere la figura del rivoluzionario di professione occorre la concezione, leninista del partito e* soprat­tutto, occorre che vi sia un partito di tipo bolscevico.
A parte questo rilievo generale, due altri rilievi particolari ci pare si impongano. Primo: la E. E., così attenta al profilo ideologico del Buonarroti, ha stranamente igno­rato la discussione filosofica (cosi bene studiata dal Cantimori) che mise di fronte, nel 1826-28, il Buonarroti e l'Angeloni; discussione che le avrebbe indubbiamente permesso di chiarire meglio tale profilo e mostrare come al toscano interessasse più di ogni altra cosa (anche del suo comunismo) realizzare una vasta alleanza delle forze democra­tiche. Secondo: la E. E., cosi attenta cataloga trice di tutto ciò che è stato scritto sul Buonarroti, ha trascurato completamente ogni ulteriore approfondimento su fonti coeve. Un approfondimento di questo genere avrebbe potuto dare indubbiamente maggior robustezza al suo dire. Per fare un solo esempio, volendo riesaminare la formazione del Buonarroti, non sarebbe stato il caso di cercare di approfondire la suggestiva ipotesi di M. Mirri a proposito degli anni toscani del futuro rivoluzionario ? E, ancora, non sarebbe stato il caso di cercare di lumeggiare meglio il ruolo che il Buonarroti ebbe nei progetti francesi verso l'Italia sin dal 1792-93 ? Notizie, come quella data dal Priocca nel maggio 1792 (F. OLMO, La rivoluzione francese nelle relazioni diplomatiche di un ministro piemontese a Romat Milano, 1915, pp. 71-72) secondo la quale i Francesi pensa­vano di sbarcare in Maremma e il Buonarroti era stato probabilmente per prepa­rare il terreno a Roma, sono proprio solo notizie biografiche erudite prive di con­creto valore, o non hanno un loro significato ed una loro importanza se non altro per autorizzare, forse, la supposizione che la suggestione del vecchio piano francese Cor­sicaSardegnaMaremma potesse, quarantanni dopo, avere ancora qualche eco nel Buo-
narrotì ? RENZO DE FELICE
GAETANO CINGASI, Giacobini e Sanfedisti in Calabria nel 1799 Messina, D'Anna, 1957, in 8, pp. 379. L. 4000.
Un prezioso contributo alle ricerche sulle origini del nostro Risorgimento ci è of­ferto da questo grosso volume, nel quale un giovane studioso, già noto per altri saggi, pia modesti ma hen nutriti, servendosi di un materiale documentario per lo più sinora ignorato (molte fonti dirette purtroppo andarono distrutte) cerca di ristabilire, con una sapiente meditazione critica il corso reale degli avvenimenti accaduti in Calabria nel periodo rivoluzionario: corso falsato* sotto alcuni aspetti, dalla storiografia contempo ranca. Poiché i moti calabresi non furono punto l'espressione né di amor patrio né di una coscienza nazionale , corno non pochi opinano ancora oggidì, ma l'uron per l.v gran parte determinati unicamente (e in questa nuova interpretazione, saldamente impostata* sta il frutto più cospicuo delle indagini doli'A.) dalle particolarissime condi­zioni economiche e sociali della regione.
In effetti (come con ompia provo dimostra il Cinga ri) alla fine del '700 la Cala-hria era povera, estremamente povera; e non solo per le frequenti avversità della na­tura (il terremoto* ad esempio, del 1787 lasciò lo Calabria meridionale in tale stato da causare una lotta selvaggia per l'esistenza), ma anche spiritualmente* per la mancanza*