Rassegna storica del Risorgimento
CERVIA ; MOSTRE
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1960
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94
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94 Libri e periodici
vàia. Lombardia e al Moneto. Pochi-- ricordavano invece o interpretavano nel suo giusto valore con tutti ì precedènti l'allocuzione del 29 aprile, mentre nessuno dimenticava l'intervento dei volontari pontifici nella Lombardia e specialmente a Vicenza!
Non era mai scomparso interamente a Vienna il sospetto che Fio IX, fin dai tempi della sua attività vescovile ad Imola e poi durante i primi anni del suo pontificato avesse concepito una certa avversione contro l'Austria, avversione non esclusivamente fondata sa sentimenti nazionali italiani, ma detcrminata da quella specie di tutèla ebe lo Stato danubiano pretendeva di esercitare sulla Chiesa, da anello spirito di giuseppinismo, che si sapeva dominante alla corte imperiale di Vienna e che era penetrato molto fortemente in Lombardia, dove riposava su una tradizione quasi secolare (p. 65).
E se la morte prematura del principe Felice di Scnwarzenberg, presidente del consiglio, avvenuta nel 1852, e il successivo passaggio dalla diocesi di Seckau a quella di Vienna del Rauscher, il quale riuscì a condurre a felice conclusione (18 agosto 1855) le trattative del concordato, che sembrò in un primo momento stringere anche in Austria il nodo da tempo rallentato fra il trono e l'altare, segnarono momenti tranquilli e normalità di rapporti fra i due Stati, ce ne furono altri particolarmente gravi e difficili (78). Si sa, ad esempio, che Francesco Giuseppe, generalmente noto come un sovrano credente, fedele, ligio alle pratiche religiose fino all'ostentazione (l'oleografia austriaca lo presenta ancora in atto di seguire il Santissimo nella processione del Corpus Domini, o raccolto in preghiera davanti all'inginocchiatoio) fu minacciato, nel 1874, di incorrere nella scomunica, se avesse dato la propria sanzione alle leggi interconfessionali già approvate dal parlamento. Invece non è abbastanza chiaro, fino a quale punto abbia giocato l'ipoteca del '48 sull'atteggiamento del governo austrìaco nei confronti del pontefice, allorché a Vienna si decise, dopo il '59, di assistere quasi passivamente soltanto o di prestare semplice aiuto morale agli sforzi vaticani di salvare Io stato della Chiesa minacciato dall'incalzante nazionalismo italiano, che puntava su Roma capitale e sulla conseguente distruzione del potere temporale dei papi.
E vero che nel 1870 e a anche nel 1871 il governo di Vienna fece a Pio IX formale offerta di asilo nel territorio della monarchia asburgica, ma si sa con altrettanta sicurezza (e il nostro Autore non manca di sottolinearlo) che il Ballhaus tremava di fronte alla eventualità che il pontefice potesse accettare l'invito. L'Austria, come il Vaticano, era e rimase, dorante tutta la seconda metà del secolo diciannovesimo, quella che era stata precedentemente: uno Stato conservatore. Gli uomini responsabili della sua politica estera, quelli che provenivano dal territorio metropolitano come quelli che appartenevano alla nazione ungherese, non mancarono di ricordare a Roma, perii tramite dei loro ambasciatori, questo loro costante atteggiamento, che avrebbe dovuto costituire la base comune di ogni relazione diplomatica fra i due governi. Eppure, malgrado l'identità dei principi fondamentali perseguiti dai due Stati, l'intesa sulle singole questioni fu quasi sempre difficile, le relazioni diplomatiche furono raramente amichevoli, spesso poco cordiali.
Questa la problematica principale che il nostro Autore affronta con obiettività e coraggio, malgrado le difficoltà della ricerca e le lacune presentate da un lato dalle manchevoli o insufficienti relazioni degli ambasciatori (Esterhazy, p. e., non fu più diligente del Lùtzow nello studio dell'ambiente romano in tutti i suoi aspetti e manifestazioni; anche i suoi rapporti, senza far parola dei vari Ciccruncchio e degli interessi diversi delle classi più umili, si limitano ad accennare alla grande società dell'Urbe) e dall'altro dalla necessità di dover rinunciare olle fonti diretto di Roma ancora inaccessibili. L'Engel .lanosi si serve, b vero, degli archivi francesi ricavandone notevoli vantaggi per illuminare i fatti anche albi lucè, spesso più benigna e calda di quella di Vienna, che venivo da Parigi; ma è troppo poca, specialmente se si volessero mettere hi chiaro gli atteggiamenti dei due pontefici dì frónte al problema sociale, per esempio, problema che assunse notevole importanza durante il loro regftói
Una lunga tradizione, voleva ohe Roma fosso una dei tanti ponti di scontro della rivalità franco-austriaca in Italia: già l'abbiamo visto quando, sotto Gregorio XVI, al Berne tti successe il l.umbruirhini, e l'esperimento stava per ripeterai a rovescio nel 1856,