Rassegna storica del Risorgimento

CERVIA ; MOSTRE
anno <1960>   pagina <108>
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Libri e perioùi
In altri termini, quando Balbo teorizzava la lotta politica come si sarebbe dovuta svolgere, ipotizzava anch'egli il sistema classico dei due partiti* ma allorché doveva giudicare un determinato fatto storico sapeva, bene uscire dallo schema per cercare di spiegarsi perchè le cose erano andate in un modo piuttosto che in un altro.
E lo stesso Silvio Spaventa, che pure non aveva lesinato eri lidie alla dilettosa costituzione dei partiti in Italia, tentò di spiegarsi perchè il governo italiano ai tro­vava a senza un partito contrario, che nella sfera costituzionale lo combattesse e gli si opponesse con la speranza di succedergli . e Ciò è forse avvenuto egli proseguiva con un tono già distaccato perchè i diversi partiti in cui lo nostra Camera dei depu­tati pareva dividersi, non avevano un'origine diversa, ma nascevano da una classe sola, dalla borghesia che è il ceto dominante della società nostra.
Se, dunque, avvertirono il bisogno di storicizzare il problema taluni degli stessi uomini che parteciparono al vivo delle lotte e delle polemiche, una volta ritiratisi da esse per quel bisogno di un sereno ripensamento delle proprie azioni che l'uomo avverte spesso come profonda esigenza etica, come potremmo non avvertirlo noi oggi, in sede storiografica, quando quel distacco è condizione necessaria per la formulazione stessa del giudizio storico? Mack Smith ha certamente ragione quando parla della debolezza delle nostre istituzioni parlamentari, ma ha torto quando si ferma all'esteriorità del fenomeno e pretende trovarne la causa in talune caratteristiche naturali del nostro popolo, invece di penetrare nei problemi di fondo della nostra società, nelle sue contrad­dizioni e nei suoi interni dissidi. Per il giovane Stato italiano il problema di dare una maggiore solidità alle istituzioni, poteva essere risolto unicamente con l'immissione nell'alveo costituzionale dei cattolici e dei socialisti. Non si trattava, perciò, di avere fede nei principi , di sottomettere la politica alla morale, di creare due distinti partiti e di adottare il classico sistema parlamentare, ma di trasformare lo Stato creato da una élite con l'aiuto di favorevoli congiunture internazionali, in uno Stato piò. rappresentativo e democratico. Questo travaglio, questo duro e spesso drammatico cozzo di passioni e di individui, ma (ce lo consenta Mack Smith) anche di idee e di principi , è la storia d'Italia fino alla prima guerra mondiale. E quando i primi cattolici con Filippo Meda e i primi socialisti con Filippo Turati decisero di collaborare a governi borghesi non lo fecero per opportunismo e per un innato scetticismo che consentiva loro di appoggiare qualsiasi ministero, ma perchè la loro sensibilità poli­tica fu più forte degli schemi ideologici nei quali pine avevano creduto e per i quali si erano onestamente battuti.
A pensarci bene, l'equivoco del Mack Smith sta proprio nel voler partire dal fa­scismo per intendere il Risorgimento. Come all'indomani della prima guerra mondiale si parti dalla soluzione vittoriosa del conflitto per dare un'interpretazione tutta posi­tiva dei primi sessantanni di vita unitaria, alla stessa maniera oggi, partendo da una guerra perduta, se ne dà una tutta negativa. Certo nessuno può negare il legame esi­stente tra varie epoche storiche e la necessità per chi le narra di individuare il nesso che le lega e dà continuità al processo; ma (mesta esigenza non può indurci a sacrificare l'individualità degli stessi momenti storici, smarrita la quale tutto finisce per equiva­lersi in un'astratta dimostrazione che può essere indifferentemente apologetica e deni­gratoria. Insomma, la situazione politica agisce indubbiamente sullo storico in quanto gli suggerisce taluni problemi e no stimola la ricerca in una direzione piuttosto clic in un'altra, ma non in quanto offre soluzioni belle e fatte. Evidentemente la crisi dello Stato italiano del 194-3, e quel che ne è seguito, inducono ad un ripensamento degli avvenimenti che portarono olla sna costituzione nel 1861, ma non possono e non deb­bono indurci ad affrettate condanne, a generalizzazioni brillanti forse, ma inconsistenti sul piano storiografico, alla ricerca di quel che il Risorgimento non a alato o di quel che non ha fatto. Proprio perchè quelle questioni lasciate aperte o non affrontate, quelle soluzioni imperfette e manchevoli sono per lo storico oggetto di ricerca, problemi da affrontare per cercarne una spiegazione e non motivo per una polemica e una condanna tra l'altro, del tutto superflue e inefficaci* contro un mondo elio dobbiamo soltanto (doricamente comprendere. GIUSEPPE TALAMO