Rassegna storica del Risorgimento
ANDREOLI GIUSEPPE
anno
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1918
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pagina
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687
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Prigionia e morte di Don Andreoli (J87
Benché rlimosa e diroccata per vetustà più che per casi di guerra, benché spoglia di quelle opere esteriori che ne raddoppiavano la forza, benché sguernita di quei niunimenti bellici che la facevano potente e temuta, i suoi avanzi e le sue mine bastano ancora a ricordare i tempi di sua maggior fortezza, quando le sue fosse e le sue mura formavano oggetto di encomio al cesariauo commentatore dì Vìtruvio; e quando chiamava l'attenzione del re di Francia Francesco, il quale da Milano venne per ammirarne la costruzione e la fortezza come la più celebre di quante allora esistessero tra Milano e Cesena..... La discordia fra le sorelle città di Modena e di Reggio ne pose la prima pietra : ' ivi le ire fraterne più volte ruppero in lotte di sangue, spesso rifugio di banditi, incalzati dall'imperversare delle fazioni ; talvolta focolare di congiure, di trame e di rappresaglie: per ultimo, passata in mano agli Estensi, fu volta a difesa e conservazione dei loro stati .
Dagli Estensi passò di nuovo al Comune di Reggio, poi ai Gonzaga, ai Boiardi, alla Chiesa ed ancora agli Estensi.
La Rocca sorgeva in ampio quadrato, munito agli angoli da quattro bastioni ; aveva mura alte e massiccie, ed era circondata di profonde e larghe fosse : vi si accedeva per ponti levatoi. Poco prima dell'incanto pubblico fatto nel 1873, veniva denominata popolarmente il Sasso, perchè diroccata e forse anche perchè, scrive il Romoli, formava fin da tempo remoto carcere di stato tale che i reclusi erano commiscrati come perduti. Nel 1201 i reggiani vi rinchiusero i prigionieri catturati nella battaglia contro i modenesi e nel 1400 vi si rinchiudono già i rei di lesa maestà e di simili delitti. Napoleone poi rinnova quelle prigioni, le quali cessano dalla loro orridezza locale, senza che le popolazioni lasciassero di provarne ribrezzo. Cogli Estensi ritornarono prigioni di Stato.
Le principali prigioni esistenti anche verso la fine del secolo XVIII èrano sette: due al pian terreno, sotto la grande rampa; tre nella grossezza della cortina, e due nella sommità dei bastioni di levante.
Alle prime due si accedeva per uno stretto vestibolo che le separava dal cortile, e presso di loro vi era l'abitazione del carceriere: ricevevano pochissima luce ed un'aria fredda e morta da due aperture praticate nella parte superiore dell'uscio, ed erano cupe e sepolcrali. Alle tre della cortina*'una delle quali veniva chiamata il Forno, si arrivava per un corridoio basso, stretto e buie I due poste nei bastioni erano quella delle donne e la Cùrand4na: la prima guardava
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