Rassegna storica del Risorgimento
CHABOD FEDERICO
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1960
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pagina
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423
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Libri e periodici 423
Il ritorno alla vita civile segnò per il Faina la formazione di tana famiglia propria e una densa attività bancaria ed agricola, ma l'amore alla famiglia e alle sue attività non prevalsero sui richiami di un'altra ora solènne per Perugia e per Punita della Patria. All'insurrezione del XX giugno 1859 Zeffirino Faina prese una parte di prim*ordine come membro del Governo Provvisorio stabilitosi a Perugia dopo la partenza del Delegato Apostolico, a ciò determinato da un'aspirazione scevra di impulsività, ben netta e delineata, quella di vedere Perugia e l'Umbria inserite nel movimento per l'unità italiana. Di qui la cura del contatti con la Toscana* le Marche, la Romagna per aiutarsi negli sforzi verso l'unità; di qui soprattutto l'offerta della dittatura a Vittorio Emanuele II e gli approcci diretti e indiretti con Cavour e i suoi rappresentanti anche e principalmente allo scopo concreto di avere armi e capì militari per il successo della insurrezione.
I documenti inediti prodotti dalla Marinelli attestano la fiducia in Zeffirino Faina dei membri del Governo Provvisorio e dei principali collaboratori, e la autentica saggezza di lui durante le drammatiche vicende di quei giorni, saggezza della quale rimangono segni evidenti l'incolumità personale del Delegato Apostolico nella sua partenza da Perugia, l'aver lasciati intatti nella loro funzionalità gli organi amministrativi e giudiziari della città, l'onestà con cui furono soddisfatte le spese richieste dagli accorgimenti disposti verso Foligno e verso la Toscana. E quando la tragedia divenne incombente da una parte per il sopraggiungere degli Svizzeri e dall'altra per gli aiuti militari non negati eppure non dati, la saggezza si manifestò ancora col mandato di proteggere i cittadini affidato al Comune, che inviò il segretario sfortunato, ma eroico nunzio di pace.
In data 4 luglio 1916 Zeffirino Faina al nepote Carlo combàttente al fronte scriverà: Continua ad essere buon soldato, ma non esporti a pericoli non necessari, perchè esporre la propria vita per la patria è doveroso, ma appunto perciò non'devi esporti a pericoli non necessari (p. 321). Il criterio era frutto di esperienza personale, quando la sera del XX Giugno si determinò a quella che fu una partenza e non una fuga.
Fu la via dell'esilio e da esule visse a Firenze durante il secondo semestre 1859 e buona parte del 1860, tutto un periodo durante il quale rifulsero fortezza d'animo e dedizione al bene dei concittadini. Fortezza d'animo nel sostenere il distacco dalla figlia, ei rimproveri del padre, le cui lettere (pp. 291-295) documentano l'alternarsi di accenti di severità e di sensi veramente toccanti di trepidazione, di amore, di fiducia, specialmente considerando la sentenza di condanna a morte emessa a carico del Faina e di tre dei suoi collaboratori.
La dedizione al bene dei concittadini, esuli o no, fu sviluppata con un'assistenza organica ed oculata, con valutazioni precise anche di ordine morale, ed è pregio del volume la larga documentazione inedita su questo punto (p. 167-213). Tanta sollecitudine ebbe una sua accentuazione nei passi fatti compiere dal governo toscano presso Cavour e a Roma per evitare gli eccessi della rioccupazionc di Perugia.
II Faina rientrò a Perugia all'indomani dell'ingresso delle truppe piemontesi, il 16 settembre 1860 e fu subito nominato colonnello comandante in 2a la Guardia Nazionale, i co! componenti al momento delle sue dimissioni gli dichiararono: I nostri figli ricorderanno il suo nome ... a questi sarà tramandato come uno farà i cittadini più benemeriti della Patria.
Lungo sarebbe seguire Zeffirino Faina nella molteplice attività di agricoltore e di industriale, della quale 0 volume dà un'attestazione positiva e documentata, ponendo in rilievo, a fianco alle doti di intuito, coraggio e tenacia, i criteri e le convinzioni che lo guidarono: vincolo inseparabile tra ricchezza e lavoro; preoccupazione di non chiudersi con grettezza nelle proprie aziende, facendole invece respirare in clima nazionale ed internazionale; oculatezza priva flj speculazione e di esibizionismo; onestà inflessibile sino al punto di sottoporre a controllo scientifico il seme bachi della sua filanda e in questa dar vita ad una scuola per le giovani operaie. Poteva bene attestare di se stesso, ritirandosi dalle sue mansioni in provincia: ... io ho esercitato quest'ufficio per trent'anni, portando i esso tutto quanto per me si poteva d'intelletto, di coscienza di zelo. Ma il dovere innanzi tutto 1 (p. 87).