Rassegna storica del Risorgimento

CHABOD FEDERICO
anno <1960>   pagina <424>
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424 Libri e periodici
Lo stesso spinto che nel 1848 e 1859 lo portò a lottare con rischio personale per gli ideali risorgimentali, lo indusse a frangere i limiti delle aziende personali per assumere responsabilità pubbliche nei consigli comunali e provinciali, nella Camera e nel Senato come Deputato e Senatore, avendo di mira il miglioramento materiale e morale delle condizioni di vita, sollecitando la cura delle pensioni, nei bilanci recando una rara sicu­rezza e competenza e ovunque un profondo senso di civismo, operosità ed esperienza. La probità rimise nella sua vita privata e nella vita pubblica; rivendicando senza attenua­zioni e senza compromessi la libertà personale al punto di poter dichiarare nel manifesto elettorale del giugno 1874 di non accettare imposizioni di consorterie e di partiti (p. 102) , tanto che Cesare Fani che gli successe alla Camera potè dichiarare che Zemrino Faina e gli aveva consegnato puro d'ogni ombra di macchia quel posto di combattimento] e Guido Pompilj sottolineò la nomina a Senatore del Faina coIPaffer-mazione che l'Umbria sarà finalmente e degnamente rappresentata in Senato (p. 92).
La vita e l'opera di Zeffirino Faina escono fuori nitide dal libro, nel quale spicca la perfetta armonia tra la parte biografica e la parte documentaria. La ricerca è stata ampia- ed esauriente nell'archivio Faina e in quello di Stato, nella Biblioteca Augusta di Perugia, in quella Universitaria, della Facoltà di Agraria di Perugia; in Archivi parrocchiali e nell'Archivio di S. Pietro; negli Archivi dei Comuni di Perugia e di Marsciano; negli Atti del Parlamento Italiano e negli Annali del Ministero di Agricoltura, nonché in altre numerose opere a stampa. Indagine ampia ed esauriente confluita nella documentazione, nella quale l'A. è stata austeramente fedele al certa testa-taque historiae jura e insieme comprensiva nel rilevare gli stati d'animo che spiegano espressioni molto accese e a volta pungenti dovute a momenti particolarmente drammatici. CANZIO PcBZONI
A. AQUARONE, V'unificazione legislativa e i codici del 1865. (L'organizzazione dello Stato, 4); Milano, Giuffrè, 1960, in 8, pp. VHI-480. L. 3200.
H 13 luglio 1862 il depntato Giuseppe Romano, commentando alla Camera una interpellanza di Pasquale Stanislao Mancini sulla lentezza con cu isi procedeva nei lavori per la compilazione di un nuovo codice civile, diceva: Io mi accordo pienamente col desiderio dell'onorevole mio amico Mancini sulla necessità dell'unificazione dei codici italiani come mezzo per compiere quell'unità nazionale che noi tutti concordemente ane­liamo. Ma appunto perciò io dissento grandemente da lui sul tempo nel quale questa codificazione debba attuarsi. Imperocché a me sembra che la smania febbrile dell'unifi­cazione a vapore, alla quale purtroppo abbiamo atteso finora, sia un errore funesto, un potente ostacolo all'unificazione dell'Italia. E pur vero io veggo che questo modo di procedere non è naturale, (...) e oppone tuttogiorno ostacoli a quel nostro supremo voto. 13 peggior nostro errore fu il credere che il miglior mezzo di unificare fosse quello di to­gliere ad un tratto le antiche leggi e di sostituirne delle nuove non fatte per l'imperioso bisogno, ma copiate da quelle del Piemonte e importate nelle nuove Provincie . E il Mancini, poco prima, illustrando la sua interpellanza, aveva sollecitato le perplessità del Romano, sostenendo che l'unificazione legislativa doveva essere accelerata in ogni modo soprattutto perché la pubblicazione di un codice unitario avrebbe sancito il principio dell'uguaglianza assoluta di diritto tra tutti i cittadini che compongono una sola e me­desima nazione e spazzato via così il pretesto di ripetere la volgare ed irritante frase di aver voluto piemontesizzare l'Italia con cui si voleva far passare per reale e l'apparente egemonia del Piemonte, significata dalla momentanea introduzione dei suoi codici nelle altre Provincie.
Quale di queste due posizioni era la più rispondente alla realtà ? Al di fuori della polemica sul piemontcsismo il rispetto della tradizionale amministrazione della giu­stizia degli ex-Stati, nel quadro di una unificazione progressiva, ma graduale, esprimeva un'esigenza democratica oppure, incoraggiando il permanete di istituti sorpassati espres*