Rassegna storica del Risorgimento

CHABOD FEDERICO
anno <1960>   pagina <429>
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Libri e periodici
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soprattutto nello Provincie settentrionali, la terra essendo divisa e il capitale essendo abbon­dante, non siavi necessità né dcHYnliteusi, né della colonia parziarja delle qnali trattava il codice delle Due Sicilie. Ma nel Mezzogiorno dello Penisola, signori, laddove latifondi este­sissimi (...) sono ancora incolti, codesti contratti sono necessari e depennarli dal codice civile sarebbe gravissimo danno. Non solo venne abolita l'enfiteusi, ma per rendere di fronte al con tedino più. potente la posizione del proprietario della terra, fu dichiarato che ogni conces­sione temporanea deve ritenersi come locazione, che le locazioni non possono oltrepassare i trent'an ni, e che possono raggiungere il periodo di cent'anni solo allorché si tratta di terreni incolti, dati a dissodare. Per tal modo il contadino avrà il rude lavoro di migliorare la terra, e dopo che ne avrà fatto un giardino, se ne tornerà a casa 00' suoi figli e la sua miseria.
Signori, nel Mezzogiorno e segnatamente in Sicilia, la base dello Stato è nelle cam­pagne. In tutte le rivoluzioni, dal 1848 al 1860, i contadini si sono battati per la libertà, e furono sempre disinteressati, probi, pori in mezzo alle perversità che non. possono evi­tarsi nelle grandi commozioni sociali. A questi contadini dovremo dire, quando sarà pubblicato il codice civile del regno d'Italia: voi non potrete ottenere quei benefici che avevate col dispotismo, imperocché l'Italia ve lo impedisce).
Affiora dunque drammaticamente anche il carattere politico che il nuovo codice aveva assunto. La protezione dei lacchi, l'abbandono a se stessi dei lavoratori (degli infortuni sul lavoro, per esempio, erano quasi sempre responsabili gli infortunati !), dei contadini, del ceto medio, la mancanza di ogni forma di assistenza e sicurezza sociale, anche se da una parte sono la logica conseguenza di una non attualità e non comprensi­bilità di temi sociali, dall'altra sono la testimonianza di un apodittico, volontario disinteresse dei dirigenti liberali per tutto ciò che esulava dagli interessi e dai programmi della classe al potere. E ottimamente ha fatto l'Aquarone a riportare, nella sua ampia ed intelligente introduzione, i giudizi che alcuni tra i maggiori esponenti della scuola giuri­dica italiana degli anni '70-'90 il Salvioli* il Vadalà-Papale, il Gianturco, il Puglia diedero del codice civile del 1865, poiché questi giudizi servono a chiarire ancor meglio sia pure attraverso posizioni determinate da problemi nuovi rispetto a quelli che si presentavano nel '60'65 la ristrettezza sociale e storica del nuovo codice civile.
Fra quei giuristi il Salvioli fu il più acuto e pungente critico e nell'opera I difetti sociali del codice civile ne bollò il carattere di strumento di dominazione a tutto vantaggio della classe borghese e dimostrò anche la incompetenza dei legislatori del '65 dinnanzi ai problemi economici e sociali di una grande nazione. Dirà il Salvioli: Tutti i codici di questo secolo sono stati fatti per urta società borghese, da giureconsulti per origine ed educazione borghesi, cioè rimpinzati di diritto romano, e che dell'economia sociale non conobbero che quanto riferi vasi all'accumulamento e alla conservazione della ricchezza. Giudizio questo che va anche al di là del commento politico per ricercare nell'immobiliz­zazione del diritto italiano nella tradizione romanistica una forte remora a considerare la scienza giuridica e quindi il diritto reale , cioè i codici, come parte integrante e resultante dei contrasti, delle contraddizioni, ma anche delle prospettive storiche che ogni popolo esprime nei momenti cruciali della sua storia.
L'unificazione legislativa della Penisola, anche se accelerata, portò certamente un notevole beneficio alla causa dell'unità legale delle popolazioni italiane, ma non all'avvio di un componimento delle differenze tra il nord ed il sud; alla giustizia sociale; all'allinea­mento del nostro paese con le più progredite nazioni europee. La classe dirigente liberale, che pure comprendeva personalità moderne e spregiudicate (si pensi alla funzione che ebbe Pasquale Stanislao Mancini nella nobile lotta contro l'introduzione della pena di morte nel codice penale, come nella elaborazione del codice di commercio nel quale egli volle applicare i principi del liberismo alla consapevolezza della necessità della formazione di un forte mercato nazionale ehe servisse a mitigare le differenze regionali), non volle che le leggi che il nuovo Stato si dava ai ponessero come cardini di una realtà politica, economico-sociale, di costume in evoluzione. Per questo quasi tuttii codici del '65 portano l'impronta di una élite timorosa e conservatrice. E il codice civile, sul quale in particolare abbiamo fermato la nostra attenzione, custodi per ottant'anni quell'impronta che molto contribuì a rallentare il progresso della nostra nazione. Lucio VZLLAIII