Rassegna storica del Risorgimento
ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno
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1960
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pagina
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471
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La rivoluzione giacobina all'A riccia 471
Duca di Ariccia, Maresciallo Perpetuo di S. R. Chiesa, custode del Conclave, principe di Farnese etc. etc, era allora, dal 1793, Don Agostino Chigi, figlio di Don Sigismondo, nna singolare figura, questo ultimo, di principe romano, che, non pago della sua qualità di erede di una grande casata, fu matematico, letterato, studioso di problemi economici e munifico benefattore di Ariccia, quello stesso il cui nome è ancora ricordato sul fregio della berniniana chiesa dell'Assunta e dei contigui deliziosi portichetti per i lavori di restauro da lui curati al complesso della grande piazza secentesca. Peccato che Don Sigismondo fosse morto a Padova, sembra in esilio per via di un certo processo del veleno in cui sarebbe stato implicato. L> Certo è che non una parola gli atti, d'archivio dicono della sua morte, mentre più e più volte registrano le pubbliche feste ed acclamazioni che avevano salutato il primo solenne ingresso nel suo feudo ariccino di Don Agostino, il 27 luglio 1793. *)
Indubbiamente, a compiutamente cogliere le condizioni e il sistema di vita pubblica e privata di questo piccolo borgo del Lazio (nel suo genere prototipo di tanti altri della provincia romana) alla vigilia dell'invasione francese del 1798, sarebbe servita la lettura degli atti del Consiglio commutativo. Disgraziatamente la loro serie ha in archivio una interruzione a partire dal 1791 e riprende appunto con l'inizio del pe-
*} D. ANGELI, Storia romana di trent'anni, cap. XVI (Milano, 1931). Il già ricordato storico di Ariccia, Emanuele Lucidi, che fa uomo di Chiesa e contemporaneo di Don Agostino, ebbe ad esaltarne la memoria nella sua opera, a brevissima distanza dalla morte (Memorie storiche dell'antichissimo Municipio ora Terra dell'Aricela, Roma, 1796, p. 302).
2) Anzitutto riparazione'generale delle strade interne e dì accesso al paese, per cui da Roma la Congregazione del Buon Governo aveva autorizzato una spesa di ben 302 scudi, e poi riparazioni e ritìnteggiatura generale della Casa del Governo, con relativa fornitura di sedie e di piatti. Non sappiamo se la straordinaria ripulitura delle latrine delle carceri* registrata nel 1793, avesse anch'essa per scopo di far fare bella figura al paese, visitato e ispezionato in lungo e in largo dal nuovo padrone; ma certo in onor suo ci si affrettò a far inamidare i collaroni e aggiustare i rabbonì dei priori, si pagò nna nuova livrea al pubblico mandatoro e si spese un patrimonio a tirar su un arco di trionfo in legna, tela, chiodi, colori e frange varie (più di 80 scudi, che si finiranno di sborsare negli anni successivi) senza considerare la gran luminaria (ben 160 lanternoni con relative candele di sego), i 12 scudi circa pagati al focarolo per l'accensione del girétto e lo sparo dei mortaretti, e i 12 scudi per la banda fatta venire di fuori e per lo stallatico dei relativi cavoli!. Se ci mettiamo poi i 60 baiocchi per le tre nottate fatte fare a guardia dell'arco e 1 5 scudi al parrucchiere per li novi parrucconi per servizio dei priori quando devono comparire in forma pubblica* (certo da addebitare alla medesima solenne occasione), a occhio e croco il primo contatto ufficiale degli uriccìni con il loro nuovo signore e padrone dovrà costare un mezzo migliaio di scudi, spesa ben grave per le finanze della Comunità, anche se nella cifra forse sono da comprendere le spese sostenuto l'anno successivo per la presentazione ai suoi vassalli della novella sposa di Don Agostino, la principessa Carlotta Barberini (A. COMUN. AR., XX, f. 16 e ss).