Rassegna storica del Risorgimento

ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno <1960>   pagina <476>
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476 Renato Lefevre
dello scudo. l) Accenneremo soltanto al fatto che la Comunità aveva anzitutto i suoi proventi diretti, derivanti dall'affitto di alcuni beni patri­moniali, quali il taglio delle erbe e della legna della macchia Selvottia, l'affitto di case e botteghe, l'appalto della vendita del sale, la depositeria dei pegni, l'affitto della Petrara e della cava dei sassi. Ma era troppo poco, tanto che, per provvedere alle spese per il medico e il chirurgo condotto e per il predicatore della Quaresima, si era da tempo immemo­rabile fatto ricorso ad una apposita imposta di famiglia, diremmo ora, di 30 baiocchi a fuoco, detta appunto focatico e da essa sappiamo appunto
4) Il calcolo del valore di acquisto di un'antica moneta è quanto mai problematico soprattutto perchè col tempo si modifica profondamente il rapporto di mercato tra generi diversi: modificazioni determinate dalle rivoluzioni industriali e dalle trasfor­mazioni dei processi produttivi, delle esigenze sociali, dei gusti. Questo spiega i forti scarti avvertibili quando ai prende a base di calcolo questo invece ebe quel genere di consumo. Se si prende, ad es., il pane, alimento base (specialmente allora) del popolo, tuia pagnottella di 7 once, circa due etti, che ora potrebbe costare 25 lire, allora aveva il prezzo fisso di un baiocco :; rapporto, dunque, 25. Ma la giornata di un bracciante o di un muratore che è ora di circa 1500 lire, allora era di trenta baiocchi: rapporto 50. Una foglietta di vino locale, ora a 120 lire il litro, costava 6 baiocchi : rapporto circa 20. Questi pochi esempi dimostrano hi difficoltà di scegliere un indice medio attendibile.
Ad ogni modo occorre tenere presente che il sistema monetario pontificio era allora basato sullo scudo d'argento conteggiato in 100 baiocchi; e che dal tempo di Bene­detto XIV (1740-1758) lo scudo papale d'argento era del peso di 22 denari e 10 once, cioè di circa gr. 26,38 al titolo di 917/1000, ridotto da Pio VI a 910/1000 (MAHTINORI, La moneta, cit., p. 466). Pertanto il valore intrinseco dello scudo potrebbe calcolarsi In 527 lire carta dei nostri giorni, tenuto presente il prezzo corrente dell'argento non lavorato (L, 20.000). Certo il calcolo è reso più complesso e meno preciso in consi­derazione del fatto che già prima delle ripercussioni della rivoluzione francese, le condizioni di angustia delle finanze pontificie avevano turbato il mercato monetario, specialmente per il crescente peso del debito pubblico e il ricorso- alla carta monetaria, sotto forma di emissioni di cedole, che, sin dal tempo di Clemente XII (1730*1740), avevano determinato una preoccupante rarefazione della moneta sonante: emissioni e conseguente rarefazione che erano aumentate ancora sotto il Governo di Pio VI con tutte le inevitabili incidenze negative sulla situazione economica generale e in par­ticolare sull'effettivo potere di acquisto della moneta (PASTOIA Storia dei Papi, XV, p. 773 s. e XVI p. 547).
Ne deriva verosimile che il valore di mercato in argento dello scudo dovesse essere maggiore e anche notevolmente di quello indicato.: il che è confortato anche dal diverso criterio di calcolo, deducibile dai costi di alcune merci di più comune uso allora come oggi, costi dedotti dalle singole spese minute registrate nei libri di conti ariecini e messi a confronto con i corrispondenti dei nostri giorni. È il caso, poi, di considerare che nella terminologia corrente dell'Ottocento uno scudo veniva equiparato <i 5 lire italiane. Ora, poiché l'Istituto centrale di Statistica fissa a 210,8 il coefficiente di svalutazione della lira rispetto al costo della vita, ceco che uno scudo dell'Ottocento varrebbe oggi sul mercato 1054 lire circa. Riteniamo pertanto di non essere lontani dal vero prendendo come base delle nostre valutazioni il rapporto 1 baiocco 20 lire, cioè calcolando uno scudo equivalente a duemila lire.