Rassegna storica del Risorgimento

ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno <1960>   pagina <477>
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La rivoluzione giacobina air Ariccia 477
clie negli ultimi anni prima della rivoluzione i registri fiscali di Ariccia annoveravano 257 fuochi o famiglie.
Con tatto ciò, tra focatico e proventi comunità ti vi, non si riusciva, negli ultimi anni precedenti la <c rivoluzione repubblicana, nemmeno a racimolare 400 scudi, cifra notevolmente inferiore (fino a 126 scudi, nel 1796) allo stretto giro delle spese fisse occorrenti alla ordinaria ammi­nistrazione interna della Comunità: non parliamo di quelle straordinarie. Di qui il ricorso ai censi , cioè ai debiti e agli storni dal ricavato di altre tasse e imposte dirette a soddisfare imposizioni del fisco pontificio; cioè dalle entrate dette camerali e privilegiate: entrate che ovviamente avevano anche allora il duplice carattere di tassa di famiglia e di imposta sui terreni, sui fabbricati e sul reddito. Ricordi amo, a semplice titolo esemplificativo: varie collette sopra l'estimo dei terreni e delle case , complessivamente ammontanti a 37 baiocchi a libra di valore dichia­rato in catasto: un secondo focatico di ben 60 baiocchi a fuoco; una tassa di un quattrino a foglietta di vino venduto al minuto. Complessivamente un carico fiscale piuttosto forte, che nel 1797 raggiungeva la cifra di 1300 scudi, ivi comprese le quote delle proprietà baronali, cioè del principe Chigi, circa 333 scudi Tanno (oltre 600 mila lire, al tasso sopracalcolato, cifra per altro che non deve impressionare, considerato che quasi tutto il territorio del feudo era diretta proprietà del principe).
La cosa che può apparire singolare è che, dall'esame di tutte queste partite e dalle stesse relazioni dei sindaci, risulta che le entrate erano, quando più quando meno, superiori agli esiti e che quindi il bilancio della Comunità si chiudeva ogni anno in attivo. Avvedutezza di ammi­nistratori o poca chiarezza e confusione di scritturazioni contabili, ce­lanti una realtà meno rosea? È indubbio che, nel primo caso, ci sarebbe da ricredersi sulla sempre lamentata povertà di Ariccia e anche sulla pretesa esosità del sistema fiscale pontificio. Comunque stessero le cose, il sommario e frammentario sguardo dato, attraverso alle relazioni dei sindaci della Comunità, all'amministrazione finanziaria e alla vita economica di Ariccia negli anni immediatamente precedenti la grande crisi del 1798 confermano come la vita del piccolo borgo castellano ai svolgesse su un tono tutto paesano, molto ristretto, di gente senza grandi problemi, senza molte pretese, adagiata in una mediocrità e inerzia certo comune a molte altre località dello Stato Pontificio e, in particolare del Lazio, una Comunità in tutto e per tutto, questo è chiaro, legata alle sorti del suo signore feudale.
Pur tuttavia qualcosa già lievitava su tale sfondo, qualcosa di nuovo si muoveva nella vita ariceina di questa fine di secolo non senza benefìci