Rassegna storica del Risorgimento
ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno
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1960
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pagina
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483
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La rivoluzione giacobina air.4riccia 483
liscono questa interpretazione perchè, ad eccezione dello Stazi, *' sono tatti compresi tra quelli che si erano fino ad allora avvicendali, con tutta tranquillità, fedeltà e devozione alla Santa Romana Chiesa e a S. E. Va' drone, nella pubblica amministrazione del borgo* Tipico, a dimostrare come quella di Ariccia fosse una rivoluzione tutta in famiglia e molto alla buona, è il caso di Liborio Pazielli cbe il principe Chigi aveva no* minato nel 1796 Governatore del suo feudo. Se c'era persona da accantonare, se non perseguitare, era proprio quella. invece, deposta la carica originaria, ormai incompatibile con il nuovo stato giuridico e pò* litico, lo vediamo investito delle funzioni di Giudice civile e criminale della Comune, non solo, ma anche incaricato della segreteria comunale, già tenuta da Luigi Colucci. Allontanato quest'ultimo, allora? Nemmen per sogno: nominato municipalista.
Era tutta gente che aveva da tempo, per tradizione familiare o per posizione personale, sicuro credito sul posto. Quindi niente rivoluzione, nemmeno sociale. H Tunerini, sì, si sbraccia a proclamare che tutto ormai è cambiato e che la situazione di Ariccia muterà da così a così; ma, a conti atti, tutto si riduce a chiamare la Comune quella che era la Comunità, a imporre l'appellativo di cittadino a chicchessia, alla formula libertà ed eguaglianza , con cui si intestano ora gli atti della municipalità. C'è poi la cerimonia dell'innalzamento dell'Albero della Libertà ma, non si sa se con una punta di malignità, gli atti ufficiali di quella giornata ricordano che è la prima domenica di carnevale e sui registri contabili ci si affretta a segnarne la spesa: uno scado e 60 baiocchi per il falegname Vitti e ano scado per una beretta rossa per metterla sopra l'Albero della Libertà . Quello che invece doveva essere il fatto, almeno dal ponto di vista economico, più importante e rivola* zionario, cioè l'incameramento dei proventi dell'ex principe ed ora cittadino Chigi, rimane lettera morta. Ci si limita a prudenzialmente intimare la sospensione della esazione dei dazi camerali e comunitativi e il versamento del dazio camerale sul sale.
i) Anche Io Stassi era però tra i maggiorenti del paese soprattutto come censo. Il Lucidi Io cita come proprietario del già ricordato casino sulla piazza di Corte, adornato di molte pitture a muro riguardanti li fatti più illustri dell'Aricela dal celebre pennello del sig. Taddeo Cnnze. Aggiunge che nel 1786 scavando sotto questa sua palazzina per farvi una grotta, vi trovò tra un masso di peperino e uno strato di pozzolana cinericcia, di evidente origine vulcanica, nno scheletro intero di cervo {Memorie, p. 50). Sarà il caso di avvertire che un G. B. Stazi, doratore, aveva lavo* rato nel 1767 al solone d'oro di Palazzo Chigi a Roma, efficacemente contribuendo alla riuscita di uno dei capolavori romani di decorazione settecentesca (G. INCISA DELLA ROCCHETTA, Il Salane {Foro del Palazzo Chigi, in Itoli. d'Arie del Min. P. I., febbr. 1927). È il nostro giacobino?