Rassegna storica del Risorgimento
ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
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1960
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La rivoluzione giacobina ali* A rìccia 491
disordini . E quanto all'Albero della Libertà, cosi vituperosamente e per la seconda volta abbattuto, si pensò bene di rinviare a tempi migliori il suo rialzamento, per paura delle rappresaglie degli Albanesi al loro ritorno da Geuzano. Precauzione invero poco efficace perchè questi si abbandonarono a violenze ancora maggiori, a cui forse non furono del tutto estranei rancori di vecchia data per motivi di antagonismo locale o di interesse. Il certo è che il fermento fu forte e a stento i munici-palisti riuscirono a contenerlo.
Quando, in quello stesso giorno, il Consiglio tornò a riunirsi non seppe far di meglio che riconfermare il proposito che tutti si deveranno dare il massimo moto e correre tutti i rischi ad effetto di ridurre in calma la Patria, inculcando al Popolo la fermezza di sostenere la repubblica : propositi in realtà più che vani di fronte al netto peggiorare della situazione: assalto in forza degli albanesi alla casa della Municipalità e liberazione dei carcerati ivi rinchiusi; nuova riunione dei municipalisti, con l'intervento questa volta non solo del deputato ecclesiastico canonico Ernesto Brignole, ma anche dello stesso arciprete e parroco, cittadino Giovanni Bizzarri; deliberazione di inviare subito a Roma il giudice e segretario Pazielli e il canonico Brignole per invocare la protezione del generale Berthier.
II verbalista della municipalità continua la sua istoria sotto la data del 27 febbraio, sottolineando come le cose si mettessero di male in peggio. Ne il Pazielli, né il Brignole trovano ad Albano un mezzo qualsiasi per condurre a termine la loro missione, attesa la proibizione che ha il postiere di non dar cavalli a chiunque viaggi verso Roma , e analogo rifiuto oppone il vetturale del luogo. Nel pomeriggio, poi, un altro gruppo di circa duecento albanesi armati assalta di nuovo la casa del Giudice criminale, impossessandosi di tutti i corpi di reato e pegni in suo deposito. Di li si asserraglia sotto il palazzo baronale violentando il cittadino Piglinoci Carlo ad aprire l'armeria dell'ex barone che viene saccheggiata. La distribuzione delle armi,l) naturalmente, accende ancora di più gli animi e, mentre i rivoltosi strappano dalle mani del canonico
!) In verità si trattava di ormi antiquate, ormai di semplice parata. H Lucidi, proprio alla vigilia de gli avvenimenti del 1798, parlando della decadenza della milizia ariccina, ricordava che a* quei tempi antichi gli alabardieri aveano le armi uguali, e uguali erano gli schioppi, che ancora si conservano nell'armeria dell'Aricela, de' quali però non ai fa uso per essere flineati all'oso antico ilandovisi fuoco col miccio (Memorie eh., p, 177). Dell'armeria facevano parte anche due spingarde che, come vedremo, saranno asportate durante il passaggio della truppe napoletane, in dicembre, e collocate sul Palazzo Vescovilo di Albano, a difesa di quel Quartiere Generale borbonico.