Rassegna storica del Risorgimento

ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno <1960>   pagina <499>
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La rivolutone giacobino- alVArìccia 49
Consacrato così, con tutti i crismi, il nuovo regime, la Mimici palila si trovò a dover dare una soluzione ai vari problemi, piccoli e grandi, cbe l'avevano impegnata sin dalla sua costituzione : primo fra tutti quelli già accennati dei nuovi rapporti sia di diritto pubblico cbe privato con l'ex barone, chiusosi in uno sprezzante isolamento. È da ricordare che, sin dal giorno della proclamazione del governo repubblicano, cioè dal 18 febbraio, il giudice civile e criminale Pazielli, su ordine del Commissario Tunerini, aveva redatto un atto con cui si intimava all'amministratore dei Chigi in Ariccia di ritenere a credito della Commune tutte le rendite e frutti ricavati dalli suoi effetti e fondi esistenti in Ariccia ivi compresi i proventi pubblici del macello, della pizzicheria e del forno: il tutto affittato a Giovanni Torlonia (fondatore delle fortune della futura casa principesca) per le cospicua cifra di 7200 scudi l'anno (almeno 15 milioni attuali) senza contare il palazzo, il parco, le macchie e il diritto privativo di caccia, amministrati direttamente da casa Chigi.
Lo stesso giudice e segretario della Commune non aveva mancato però di annotare come questa intimazione rimanesse senza effetto e come lo stesso risultato avesse un promemoria sollecitato dal medesimo Tunerini sugli aggravi ricevuti dall'ex Duca Chigi ed un progetto ten­dente a migliorare la condizione degli ariccini . Ed è da pensare che atto platonico restasse anche la rivendicazione, fatta subito dopo dai municipalisti, del diritto di caccia e dell'archivio pubblico, in mano questo ultimo del barone. Il problema dei rapporti patrimoniali con i Chigi era in realtà molto complesso, perchè esso aveva le sue radici in diritti antichissimi ed in una situazione di fatto più che difficile a mo­dificarsi da parte della sola municipalità, tanto pia che l'approvvigiona­mento di tutto il Paese, attraverso la gestione degli spacci alimentari essenziali, era nelle mani dell'ex feudatario, che, per consuetudine san­cita dagli statuti locali, ne aveva la privativa. E certo era un poco inge­nuo pretendere, come si fece con deliberazione consigliare che, con tante rivendicazioni in piedi (il 24 febbraio fu abolito anche il dazio baronale detto della sfogliettatiira), l'amministratore dell'affittuario Torlonia te­nesse provveduto il grano per il forno, le carni per il Macello e gli altri generi per le pizzicherie , e che il principe desse -addirittura ospitalità nel suo palazzo a cosi sovversiva Municipalità. Ma la più amara disil-
1) 11 problemn di una decente accie (lcIPmruuinisinr/.ionc comunale nriccinn era da molto tempo all'ordine rlel giorno ed era stata risollevata sin dai primi giorni della Municipalità repubblicana dal presidente Stazi. Infatti questi, nella seduta del 23 feb­braio, sostenne cbe il Pontefice Alessandro VII Cingi ebbe dal Card. M'azzanni una