Rassegna storica del Risorgimento
ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
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1960
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pagina
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500
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500 Renato Lefenré
lusione questa doveva ricevere quando, il 4 marzo, il cittadino G. Battista Mancini (che già in precedenza, d'incarico del principe Chigi, aveva dato risposta negativa ad una richiesta della Municipalità per il rifacimento della tazza per la pubblica fontana delle Tre cannelle e per il riattamento delle strade della Quercioletta e dei Cappuccini di Albano), si presentò esibendo agli esterrefatti e sgomenti rappresentanti del Popolo (con la maiuscola) un rescritto del cittadino Piarelli, Ministro di Giustizia in Roma diretto al Commissario di Velletri nel quale ad istanza del cittadino Chigi Agostino si ordina che sia rispettato il possesso e proprietà del detto cittadino Chigi per tutti li suoi beni che possiede in questo luogo. Al suddetto rescritto vi è annesso il rescritto dei consoli di Velletri, li quali, oltre ad aver ordinato l'esecuzione del rescritto medesimo, hanno di più decretato che la nostra municipalità non debba punto interessarsi nella direzione dei proventi di questo luogo .
Era una deliberazione che smentiva in pieno l'impostazione che al problema era stata data dai repubblicani ariccini e sovvertiva tutto il programma da essi perseguito in questo essenziale settore della vita pubblica locale. Evidentemente il Chigi aveva avuto modo a Roma di
somma rilevantissima di denari a titolo di legato coll'obbligo però di impiegarli in opere pie. Con questi denari Alessandro VII fabbricò in questo luogo là Chiesa col* legiala e li due Casini laterali, uno dei quali fu assegnato alla Comunità fin d'allora per servirsene per residenza del Governatore e per carcere. Questo è il Casino dell'attuai residenza della Municipalità e serve anche per abitazione del Giudice. L'altro Casino all'altro lato della detta Chiesa verso il Parco si ritiene dalla famiglia Chigi che lo fa abitare dall'affittuario dei suoi effetti. Essendo questo Casino fabricato colli denari Elidetti sembra che non abbia avuto diritto la famiglia Chigi ad appropriarselo. Che sarebbe Bene che la Municipalità ne domandi l'appropriazione destinandolo per residenza municipale che non può conunodamente fare le sue sedute in queste camere nelle quali abbila il Giudice (voi. n. XI, f. 11 t).
Le argomentazioni dello Stazi non erano certo senza interesse pratico allora (e lo sono tuttora dal punto di vista storico-artistico). Richiedevano però tutta una documentazione probatoria della loro esattézza. Questa fu infatti la decisione della Municipalità: ai procurino le prove dell'esposto e se ne faccia poi l'istanza>. Ma non risulta che la cosa abbia avuto un seguito. Risulta invece che, alla proposta di essere ospitati in palazzo Chigi, il principe reagì provocando un rescritto del ministro della Giustizia in Roma, confermante un decreto dei Consoli di Velletri con cui ad istanza del Chigi si proibisce alla Municipalità di adunarsi nel Palazzo Chigi (seduta del 5 marzo, voi. 11 f. 23 t.): proibizione così assoluta che. quando il 24 marzo si ebbe necessità di riunire il pubblico generale Consìglio dei padri di famiglili, la convo. azione dovè farsi nella Gran Piazza a motivo di non esserci luogo comodo avendo il ministro del cittadino Chigi negato di riceverò il Popolo nella gran sala del suo Palazzo. Ed essendosi dovuta annullare quella Assemblea per i disordini in essa avvenuti, si dovrà riparare per la nuova riunione nel locale detto il Granaro dei Bambocci in VaJ fossato (25 marzo).