Rassegna storica del Risorgimento
ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno
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1960
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pagina
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501
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La rivohiziarie giacobina alV'Ariticia SUI
far valere i propri interessi e diritti. II certo è che la Municipalità, rimessasi dalla sorpresa, decise di resistere ad ogni costo a tale intimazione, dando istruzioni al segretario Pazielli di recarsi subito a "Velletri (da coi il borgo in quel momento dipendeva amministrativamente) per dimostrare la irragionevolezza del rescritto e decreto delli consoli di Velletri in quella parte che riguarda l'inibizione fatta alla Municipalità di ingerirsi nelli proventi di questo luogo, la cui direzione per ciò che appartiene al servizio pubblico spetta alla Municipalità . E, a sentire il Pazielli, la sua missione non fu senza effetto in quanto i consoli di Velletri avrebbero promesso di moderare il loro decreto . Ma una nuova e maggiore sorpresa doveva, entro il giro di 48 ore, mettere a soqquadro ogni previsione e stringere i municipalisti in una situazione più che preoccupante. Infatti il 6 marzo il ministro di casa Chigi esibiva un rescritto, questa volta del ministro dell'Interno Ennio Visconti, col quale si ordina che il Macèllo, Forno, e Pizzicarla di questo luogo restino a carico della Commune .
Bisogna pensare che il Chigi, visto che il precedente decreto, escludendo la Municipalità da ogni ingerenza in materia, minacciava di essere svuotato di contenuto, avesse abilmente rovesciato la situazione addossando, oltre ai proventi, tutto il peso degli spacci pubblici all'amministrazione comunale, ben sapendo come tale peso fosse per essa insostenibile in quelle circostanze. E infatti lo stesso presidente Stazi, accompagnato dal municipalista Colucci e dal segretario Pazielli, non trovò di meglio che precipitarsi a Roma per cercare di far revocare così drastica disposizione che nelle presenti calamitose circostanze di somma penuria di grano, carni e di tutti li generi della pizzicaria, apporterebbe la più gran mina all'interessi della nostra Commune.
Ecco così tre Àricchi i affannarsi su e giù per Roma, fare innumeri anticamere (anche allora!), bussare alla porta delle massime autorità, impetrare appoggi e raccomandazioni. Indubbiamente una fatica ingrata, anche per lo stato di confusione in cui, quando ancora la neonata repubblica era ai suoi primi vagiti, erano i pubblici uffici. Proprio un pellegrinaggio da Erode a Pilato. Si erano recati persino dal generale Marat, a palazzo Borghese, per supplicarlo della sua protezione presso i consoli . Ed il Murat si era degnato di trasmettere lui la supplica ariccina
i) H SALA riferisce, sotto Iti data del 21 febbraio che il principe Chigi ha mondato ai Consoli 400 colonnati per dono gratuito alla Repubblica, ma non sono accettati (voi. I, p. 32). Anche da altre fonti risulta come il principe Chigi assumesse successivamente un atteggiamento favorevole ai Francesi.