Rassegna storica del Risorgimento

ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno <1960>   pagina <503>
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La rivoluzioni' giacobina all'Aricela 503
spettasse al Comune il peso di mantenere li proventi pubblici del luogo . Non c'è che dire, l'ex barone seguita a essere più potente dei suoi ex vassalli ed è inutile combattere contro di lui. Riunitasi il 17 marzo, la Municipalità non può fare altro che prendere atto della situazione e uni­formarvi i suoi provvedimenti più urgenti per far fronte ai bisogni più immediati riservando al popolo tutti i diritti che ad esso potranno competere contro il cittadino Chigi e non altrimenti ecc., avendo preso in matura considerazione che, mentre si sperimentano le rispettive ra­gioni, va il popolo a restar privo di pane, carni e generi di pizzicarla, decreta che subito e dentro questo stesso giorno si portino in Roma in qualità di deputati li cittadini cap. De Cupis e Fazielli Giudice e Segre­tario ad effetto di trovare li denari ad interesse ed insieme procurare la compra di circa rabbia 200 di grano da servire per lo spiano di questo forno fino alla nuova raccolta .
Partiti immediatamente, i due municipalisti riusciranno a trovare il denaro purché tutti i cittadini riuniti in Consiglio popolare si obbli­ghino uti striglili per la restituzione in terne di anni sei; per il grano, invece, niente da fare, essendo impossibile procurarsi la licenza di estrazione da Roma. La situazione in realtà è oltremodo preoccupante: scompare dalla circolazione la moneta sonante e cresce vertiginosamente l'inflazione di carta monetata sotto forma di cedole: i pochi generi alimentari disponibili sono oggetto di un'incetta su vasta scala; nessuno vuole prendersi il carico della gestione degli spacci; gli amministratori di casa Chigi, sicuri del fatto loro, sono intrattabili. Pretendono anzi che il Comune non solo si assuma l'onere dei pubblici esercizi, ma anche cor­risponda l'affitto per i relativi locali e stigli. I municipalisti protestano, cercano di resistere, ma alla fine, di fronte alla minaccia di una serrata, come oggi si direbbe, e considerato lo sconcerto che arrecherebbe nel popolo qualora domani restassero chiusi forno, macelleria e pizzicarla, considerando l'impossibilità di riparare a questo disordine qualora si ricusi di aderire all'imperiosa volontà dei Ministri della casa Chigi , si trovano costretti a cedere, pur con una platonica riserva dei diritti del popolo non solo sugli edifici del macello, pizzicarla e forno del pan venale, ma ancora sugli stigli ed edifìci della mola, del forno a soccie e delle tre osterie, una nella strada maestra confinante con la pizzicarla, l'altra in Vallericcia e la terza nel luogo Fontan del Papa . l> H presi-
i) Lo stesso problema fu dibattuto noi vicino Comune di Albano, che dipendeva si dalla Camera Apostolico, ma questa aveva ereditato i diritti dei Savelli, antichi feu­datari del luogo. Anche ad Albano, tra gli spacci di privativa baronale c'era un forno venale (per la vendita libera di farina, pane e pasta) distinto da quello a soc.ee, per la