Rassegna storica del Risorgimento

ARICCIA ; STATO PONTIFICIO ; GIACOBINI
anno <1960>   pagina <507>
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La rivoluzione giacobina all'Ariccia 507
nei gravi urgentissimi bisogni le vicine Communi e segnatamente quella di Marino ha domandato agl'ecclesiastici in imprestito l'argenti delle Chiese per ridurli ora in denaro e per restituirli poi in tempo meno afflittivi, propone di diriggere un invito al Clero secolare ed olii Monaci di Galloro per avere in imprestito l'argenti delle loro rispettive chiese* Approvato .
Formalmente, dunque, non si trattava di requisizione, ma di ri­chiesta a titolo di prestito; però la realtà era diversa, ovviamente, anche se circostanza che si inquadra in tutto l'atteggiamento assunto dal piccolo clero nei riguardi dei giacobini i più direttamente interessati non si fecero troppo pregare. Il giorno dopo il canonico Francesco Bri­gnoli si presentava, in nome della chiesa collegiata, a depositare un incensiere con navicella, un calice e una pisside, del peso totale di cinque libbre e otto once di argento. Ancora più consistente la consegna dei monaci vallombrosani di Galloro: un ostensorio con sfera e piede, un incensiere con navicella e cucchiaio, un pastorale intero, una bugia da servizio sacro e molti voti per complessive 14 libbre e 3 once; non solo ma, se pur a titolo di mera custodia e con dichiarazione di non dover­sene la municipalità servire se non nell'estremi bisogni del Popolo , anche due mezze ghirlande d'oro del peso di 6 once e una cornice con fondo di metallo e bassorilievi d'argento. Doveva essere un deposito, in realtà, di ben breve durata! Infatti una settimana dopo si presentava alla municipalità, con tanto di scorta di Dragoni, un commissario francese per prendere riscontro di tutti quei pezzi d'oro e di argento e per darli in consegna allo Stazi con il vincolo di tenerli a disposizione della Repubblica francese.
Era un sopruso che nemmeno i giacobini di Ariccia riuscirono ad ingoiare con facilità. Si affrettarono, infatti, a spedire una supplica al generale francese in Roma e ai consoli della Repubblica romana perchè intercedessero per la revoca della confìsca degli argenti ricevuti in prestito dalle Chiese di questo luogo e destinati alla compra del grano da somministrarsi all'affittuario del forno per lo sfamo di questa po­polazione. Tempo perso. Il generale Dallemagne risponderà che tutto doveva essere consegnato al commissario francese, mentre i consoli pre­feriranno eludere la richiesta nel più assoluto silenzio. Così ori e argenti ariccini, salvo un calice e una pisside restituiti alla Chiesa collegiata, prenderanno il volo verso ignoti lidi*
Nonostante così grave contrarietà i municipalisti continuano ad ado-prarsi per risolvere in qualche modo l'assillo di rifornire di viveri la popolazione e per avere denaro in prestito; inviano a Roma dispacci su