Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDI GIUSEPPE
anno
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1960
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pagina
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608
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608 Libri e periodici
disperatamente senza tregua sino a che stimarono miglior partito, poiché il nemico, se fatti prigionieri, non avrebbe risparmiato loro la vita, di ritirarsi e di chiudersi silenziosamente nelle proprie case. Ma la repressione fu terribile. Incendi; distruzioni; saccheggi; uccisione di vecchi e di fanciulli; stupri di donne. E il giorno successivo il colonnello Schmid, promosso generale per essersi condotto e secondo le leggi della fedeltà e dell'onore (cosi l'elogio pontificio) istituì un governo militare da Ini presieduto, il quale ordinò pene che dalla fustigazione andarono sino alla condanna a morte. Però non piegò per nulla il fiero animo perugino (esempio degno della più alta ammirazione!) di fronte alle continuate oppressioni con soprusi e ribalderie della perfida autorità governativa nell'attesa che giungesse il di del riscatto. Ma l'attesa fu lunga e sempre piò tormentosa. Finalmente il 14 settembre del '60, tra il giubilo travolgente della popolazione, il generale Fanti conquistava Perugia facendo prigioniero il generale svizzero con mille seicento dei suoi militi. E il 4 novembre Perugia dichiarava di volersi unire alla monarchia sabauda con votazione quasi assolutamente unanime e il 10 del mese stesso il popolo perugino decideva, attraverso i BUOÌ organi rappresentativi, di demolire, a vendetta di tante sevizie patite, la famosa Rocca Paolina, che già nel 1534 Paolo III aveva ordinato al Sangallo di innalzare ad coercendam Perusinorum audaciain .
Le gesta eroiche di Perugia, che nei testi dedicati alla gioventù studiosa o son appena accennate o son quasi sempre dimenticate del tutto, sono ora narrate con ricchezza di dati da Averardo Montesperclli in un elegante volumetto, edito a cura del Comitato per le celebrazioni perugine dell'Unità d'Italia. Non è un lavoro di ricerca; per altro è scrupolosamente informato a fonti sicure e a testimonianze veritiere, sicché se ne raccomanda la lettura, anche per lo stile sciolto e vivace, immune da ogni retorica ridondanza, anzi
soffuso per lo più di commozione sincera. ...
MARINO CIBAVECNA
FERDINANDO PETRUCCELLI DELLA GATTINA, I moribondi del palazzo Carignano e Memorie di un ex deputato, a cura, con introduzione e note bibliografiche, di GIUSEPPE FONTEROSSI ; Roma, Edizioni Moderne, 1960, in 8, pp. LV-395. L. 3500.
Opportuno ed intelligente pensiero è stato quello di ristampare, in edizione elegantemente maneggevole, queste due opere tanto note quanto rare e difficilmente reperibili del Petruccelli. Ingegno fosforescente e scrittore tra i più garbati ed arguti, ma, quando l'occasione lo richiedesse, anche polemista tra i più muscolosi della vita pubblica italiana nel trentennio a cavallo tra l'avvento di Cavour e il trasformismo, Petruccelli è innanzi tutto un personaggio umano ed un fenomeno culturale: solo secondariamente, di sfuggita o di sbieco, egli realizza in sé alcunché di coerentemente politico. Avventuroso e stravagante, ma né più né meno di tanti altri che nell'esilio politico coglievano anche l'occasione propizia ed invano lungamente agognata per un'evasione energica dalla squallida vita provincialesea del Mezzogiorno, Petruccelli seppe accortamente serbarsi lontano così dall'infeconda atmosfera cospiratoria, che poteva distoreere le prospettive ed alterare il giudizio, come dall'allettante ambiente ministeriale, dove la scontrosa e gelosa fierezza dello scrittore si trovò in perenne disagio. Democratico per temperamento e per cultura, Petruccelli ebbe ben presto nella Francia una seconda patria, a lui assai più congeniale che non la nativa Basilicata, la cui voce arriva assai fievole ad animare le sue pagine, e soltanto per arrecarvi le ombre di un grigio e cronico malcostume locale. Indipendente e curioso* Petruccelli volle rendersi ragione, sperimentandola di persona, della particolare temperie spirituale ohe aveva reso il giornalismo francese così popolare e ad un tempo tanto autorevole in Europa. Si avvezzò ad assimilarne con duttilità, o finalmente a padroneggiarne con piglio magistrale, lo stile rotto, nervoso, concitato, ricco peraltro di squisitezze aristocratiche, di civetterie intellettualistiche, e lontano da ogni sbavatura plebea. Studiò con attenzione il panorama composito e cangiante dell'opinione pubblica, pensoso ad un tempo di antivederne e di secondarne gli atteggiamenti, nò propriamente giornalista alla moda, in corca di facili allori salottieri, riè tanto meno articolista togato