Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE
anno <1960>   pagina <615>
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Libri e periodici 615
dine normativo, ma propriamente organizzativi ed ideologie! in ogni campo dell'attivita civile: ed una società largamente sfasata rispetto ad esso, forzata a seguirlo e ad adattar­visi, ma spesso incapace di farlo, e perciò- costretta a subire una compressione, un distor­cimento, metodici, ma non perciò meno inevitabili. L'allargamento su piano peninsulare dell'originaria unità padana è per l'A. il punto nodale e giustificativo di questo scom­penso, che assume perciò forme strutturali ed organiche le cui responsabilità non potreb­bero farsi semplicisticamente risalire all'indirizzo determinato di una determinata classe di governo. Vedremo più avanti se ed in qual senso questa prospettiva polemica possa essere infirmata da qualche vizio meccanicistico o da troppo accentuato economicismo. Ci preme sottolineare qui come non tanto la questione meridionale nel suo farsi storico e nel suo determinarsi politico, quanto il Mezzogiorno nei suoi .elementari dati umani, sodali, geografici, sia sullo sfondo delle argomentazioni dell*A., a guisa non già di parte­cipante attivo al moto unitario (e sia pure con risultati torbidi e discutibili), ma di oggetto più. o meno passivo, ieri di azione politica, oggi di riflessione storica. Il singolare acume personale e la scaltrita esperienza di decenni trattengono l'A. al di qua delle secche di un determinismo generico o di un pessimismo senza uscita alla Fortunato: ma il pericolo di sfio­rare quelle sterili secche è sempre presente e minaccia costantemente di suscitare un'atmo­sfera controversistica, di difesa e di deplorazione parimenti programmatiche, in un'opera che vuol essere ispirata a vasta ed integrale considerazione di una realtà statale e sociale.
Tale realtà, esordisce a buon diritto l'A., travalica di gran lunga i limiti del giuridico e perviene a condizionare dì sé, con l'incessante, smisurato accrescimento delle funzioni dello Stato, tutte le forme dell'attività civile, ferma restando la disparità di risultati, determinata dal ritardo o dal divario nella crescita delle diverse energie sociali confluite nel processo unificativo. Senza dubbio, come ricorda l'A., gli albori di questo sistematico interventismo statale vanno ricercati assai addietro nel tempo, nell'età delle riforme, e sul terreno dell'economia e della finanza pubblica, più di ogni altro suscettibile di risul­tati immediati atti a far fronte alle esigenze fiscali e militari dello Stato (ma le sollecita­zioni di ordine ideologico non vanno del tutto trascurate). I beni ecclesiastici e la politica doganale sono i temi posti rispettivamente all'inizio e alla fine di questo processo pre-uni­tario, l'uno come forma conclusiva dell'assolutismo illuminato, l'altro come significativa reazione ambientale alle pressioni della civiltà industrialistica dilagante in Europa. Non ai tratta, peraltro, nel secondo caso, di una scelta liberistica o protezionista sollecitata soltanto dalla maggiore o minore modernità di Una classe dirigente e burocratica, ma del risultato di tutto un indirizzo di governo, basato su certe convinzioni dottrinarie ed espe­rienze soprattutto agricole (mi riferisco in modo speciale ai problemi della pastorizia e della cerealicoltura meridionali) che potevano avere una loro legittimità storica ed inci­denza sociale troppo sommariamente neglette, in seguito, dal fiscalismo livellatore, a gettito intensissimo ed immediato, instaurato dall'amministrazione piemontese.
D'altro cantò, l'interventismo statale veniva frequentemente, e forse inevitabil­mente, a contatto, e spesso a collusione, con interessi costituiti di gruppi finanziari stra­nieri ed indigeni la cui autonoma e spregiudicata politica creditizia, specie nel campo della finanza locale, è stata fin qui troppo poco studiata. L'A. accenna brevemente alla questione ferroviaria, la cui storia è ancora ampiamente da farsi, essendosi il Carocci e il Berselli soffermati sul punto nodale del primo biennio di governo della Sinistra, mentre occorre risalire alle prime impostazioni postunitarie del Depretis e dello .1 acini ed al rove­sciamento strategico determinato dall'occupazione di Roma, per poi proseguire in pro­fondità fino alle convenzioni Gè naia. Ma altri episodi, come la politica ecclesiastica del secondo ministero Ricasoli, con connesso progetto Borgatti-Scialoja, o la questione della regia cointeressata dei tabacchi, vanno riprosi dalle fondamenta ed illuminati con­venientemente, onde accertare l'entità e l'incidenza dei gruppi di potere ohe pullulavano al fianco e spesso nel seno stesso della maggioranza moderata, la cui politica finanziaria appare esteriormente cosi lineare e coerente.
La storia del ministero dell'Agricoltura, che l'A. riprende e sviluppa, con le esita­zioni e le contraddizioni dello stesso Cavour intomo ai compiti da attribuire a quest'orge-