Rassegna storica del Risorgimento
BALBO CESARE
anno
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1961
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pagina
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61
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Cesare Balbo e le origini italiche 01
storiche, è confermato dalla presentazione del paragrafo sul secolo XIX: li secolo decimottavo aveva ricevuta la questione delle origini affatto bambina e ne l'aveva condotta vicina allo scioglimento; le tante ipotesi sorte e cadute, tentate e ritentate sotto svariatissimi aspetti, avevano esclusa la possibilità di molti errori, e le continue ricerche erudite aveano coordinata ed ammainata la materia di studio, facilitando in tal modo la via agli studiosi per giungere più vicino alla verità. Fecondare i lavori d'osservazione degli infaticabili settecentisti, esaminare quelle opinioni che tuttavia tenevano il campo, giungere allo scioglimento della questione, era l'officio, che incumbeva al secolo XIX... Ma negli ultimi anni il progresso si va facendo più rapido, e più evidente: antiche e rispettate opinioni perdono il pericoloso prestigio; le ipotesi arbitrarie si diradano, e lasciano intravedere non lontana, e non restia, la verità . ')
Come si è osservato, l'indubbio progresso metodologico, se da una parte aveva fatto cadere definitivamente tutta la congerie di fantasticherie antiquaristiche del sei e settecento, dall'altro alimentava la polemica degli opposti fronti, la raffinava con le armi offerte da una più acuta revisione delle fonti e dall'incremento dei rinvenimenti archeologici. Ma a distanza di anni il Vannucci, nella citata rassegna della sua Stona dell'Italia antica, scriveva: Concludendo questi rapidi cenni sugli sforzi fatti dai dotti di ogni nazione per trovare le origini dei popoli italici confesseremo francamente che non siamo dell'avviso di quelli che stimano che dopo tanti studi la questione abbia fatto un grande progresso, e sia vicina allo scioglimento . * Conclusione che, se è tipica dell'eclettismo salomonico del Vannucci e di altri storici italiani del tempo,3) riflette nondimeno lo stato effettivo dei risultati delle ricerche e delle dispute contemporanee. Del resto lo stesso Casati amava presentare le conclusioni del Niebuhr e del Miiller sugli Etruschi come sopravvivenza di teorie oramai intristite: L'ipotesi del nostro Durandi sui Raseni e i Tirreni-Pelasgi aveva trovato eco in Germania, quando Niebuhr l'aveva sostenuta nella sua Introduzione: e quivi ancora un altro ingegno, benemerito di questi studii, Ottofredo Miiller, la meditò e la ridusse a più precisa forma, nella sua opera sugli Etruschi, escita al pubblico nel 1828 .4) Il che però rivela un fatto
>> H, p. 109 ss.
2) Voi. I, ediz. cit., p. 207.
3) Si veda anche il Cantù nella Storia degli Italiani, 2a ediz., Torino, 1858, tomo I, . I, e. 2, p. 23: L'erudizione moderna, chiedendo alla filologia e all'etnografia un filo
onde ravviarsi in tal labirinto, inventa sistemi sempre nuovi, sempre incompiuti, sempre facili a erìgersi quanto ad abbattersi....
4) II, p. 113; cfr. p. 112. L'opera del Niebuhr era conosciuta in Italia soprattutto nella edizione francese del De Golbéry (Parigi, 1830-40), mentre nel 1830, nella Antologia di Firenze, tomo XXXVIII, n. 112, pp. 19-53; n. 113, pp. 1-22; n. 114, pp. 45-65, ne faceva un'ampia ed elogiativa presentazione P. Capei, condotta secondo la edizione inglese di Bare e Thirwall (Cambridge, 1828) e sulla prima edizione tedesca. In Italia fi ebbe una tradazione edita a Pavia nel 1832, molto infelice, di cui si fece cenno nella Biblioteca italiana di Milano, t. LXIX (1833), p. 17 ss. L'eventualità, affacciata da P. TBEVES in Cieerloiumismo e tintici ccroninnismo nella cultura italiana del secolo XIX, in Rendiconti della classe di Lettere, dell'Istituto lombardo, voi. 92 (1958), p. 422, n. 44, che il Manzoni possa aver conosciuto il Niebuhr attraverso questu traduzione, pnrc smentita da una delle postille manzoniane pubblicate dal Bonghi {Opero invd., 11, p. 250, nota) che richiama una edizione francese: quella del De Colbéry, evidentemente.