Rassegna storica del Risorgimento

BALBO CESARE
anno <1961>   pagina <71>
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Cesare Balbo e le origini italiche fi
eoi egli la costruiva. Vale a dire che, criticando il nesso Vico-Niebuhr in nome del principio conncttitore , egli non percepiva, nella sua preoccupazione di riportare alla autorità biblica la storia arcaica, la sostanziale diversità dei pre­supposti vichiani rispetto a quelli niebuhriani, e cioè tra il persistente attacca­mento dello storico napoletano al principio di autorità delle fonti e l'atteggia­mento critico romanticostoricistico dello storico danese. Se il Vico riduceva la storia arcaica a serioso poema , non per questo distruggeva il testo liviano (o quello omerico) ma lo sussumeva, e quindi ne confermava l'essenza, nell'uni­versalità dello svolgimento storico. Laddove il Niebuhr disintegrava i testi antichi (il più prolisso e analitico Dionigi non meno di Livio) in virtù di un cri­terio che, in quanto dettato dall'esperienza dello storico moderno, ricostruiva la storia, nonostante le fonti, secondo verisimiglianza, cioè secondo il criterio stesso con cui il Balbo connette la storia sacra e la storia profana . L'accoppiamento VicoNiebuhr dunque, nella polemica contro il metodo eliminatole , voleva essere sostanzialmente un richiamo alla filologia perchè essa diventasse strumento di riaffermazione, depurando e comparando, della verità biblica e del progresso cristiano, sia nella storia cristiana sia in quella dei grandi deviamenti , antichi e moderni.
Resta peraltro da sottolineare l'esigenza del Balbo di dare alla storia un senso che le diatribe antiquaristichc e filologiche oramai avevano perso. Egli cioè muoveva dalla convinzione che l'eccessivo affinarsi dell'erudizione portava ad un capovolgimento dei valori, in cui non era più possibile fare storia proprio perchè non c'era più il senso della vita: Troppo sovente gli eruditi, rinchiusi negli studi, affogati ne' libri, perduti ne' testi, dimenticano la natura, la civiltà umana; escon fuori con sistemi combinanti più o men bene i libri, ma molto male gli uomini; e fanno storie documentatissime ed a cui non manca nulla, se non la possibilità degli eventi laboriosamente sconnessi. Peggio poi, quando l'erudi­zione progrediendo invecchia. Allora ogni nuovo erudito vuol fare un nuovo sistema; n'esce una nuova riputazione; molti vantano la scoperta; e tanto più, quanto più ella è contraria alla storia tradizionale e volgarmente nota. Questo lusinga il secolo quasi più scientifico, ed aiuta quello scetticismo sulla storia, di che s'inorgogliscono gli uomini di Stato per disprezzar noi scrittori, i filosofi, per disprezzare noi storici, molti di noi per disprezzare i predecessori, i compagni, gli emuli . ) Il problema era particolarmente sentito nel campo degli studi classici, per la vetustà degli argomenti. Osserva il Balbo 2) che dopo il periodo umanistico, 0 italiano , contrassegnato dall'operosità degli scopritori, arre* calori, commentatori, traduttori, e primi editori di quasi tuttii classici, suben­trò il periodo europeo (Francia, Germania, Inghilterra). Il terzo periodo, a lui contemporaneo, ai presentava eminentemente tedesco, ma segnava nel con­tempo l'involuzione denunciata: Ma l'erudizione classica è, più ch'ogni altra, scienza finitissima. Quando tutti i classici furono bene stampati, e molto com­mentati e spiegati, non rimase più se non poco di nuovo e buono a fare. Invece di ridarsi a -ciò, fecce i del nuovo e cattivo, come avviene in simil caso in ogni scienza; corruppeai questa al modo d'ogni altra; succedette quasi un seicento dell'erudizione; e succedette appunto là dov'ella era giunta al colmo, in Gcr-
-) Meditazione XIII, p. 366 ss 2) Ibidem, p. 367, n. 1.