Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVI ; GERMANIA (REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA)
anno <1961>   pagina <129>
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Libri e periodici 129
delle armi borboniche, alle lungaggini diplomatiche che paralizzavano Cialdinì e Fanti ancora a lungo dopo Casteifidardo, alla naturale impossibilità per l'annata garibaldina di discostarsi dal tracciato più breve e fulmineo, e strategicamente più efficace, per irrag­giarsi nella periferia del Regno; regioni intere, dicevamo, come l'Abruzzo per più di cinque settimane, si trovarono a doversi affidare alle loro risorse autonome, nella carenza di ogni vera e propria autorità legalmente costituita, e soprattutto in grado di farsi obbedire. In questo periodo il conflitto, interno al Mezzogiorno, tra moderati e democratici, -già delineatosi a fine giugno e nelle avvisaglie della lotta elettorale, si sviluppa e viene a com­pimento secondo un processo che costituisce la pagina meno nota, ma più viva e, special­mente, più durevolmente operante nel futuro, nella storia della crisi del Regno. Il ruolo dell'aristocrazia fondiaria calabrese nel preparare il disfacimento dell'organizzazione mi­litare borbonica e nel far trascorrere il più fuggevolmente e superficialmente possibile la ventata democratica che spirava al seguito delle armi garibaldine e un po' il culmine e il capolavoro di questa sagacissima opera di ottundimento nella quale è racchiusa buona parte dei successivi motivi di esasperazione e degenerazione del problema meridionale. Volgiamoci ora ai volumi in esame, accettandoli per quello che sono e per il molto pregio che, sotto quest'ambito, ad essi è doveroso conferire. Ma ci sia lecito affermare il rammarico che abbiamo voluto porre come sentimento preliminare al nostro discorso perchè un'occasione così propizia per l'approfondimento di una questione capitale nella storia della società unitaria aia andata perduta. Il fascicolo 1960 AcW Archivio Storico delle Province Napoletane, che si annunzia dedicato integralmente, coordinatore il Cortese, alla celebrazione del centenario, offrirebbe un eccellente, ulteriore campo allo svolgimento dell'appassionante indagine. Noi confidiamo che l'illustre maestro voglia raccogliere l'augurio ad avviare una ricerca senza dubbio fertilissima di risultati stimolanti, che po­trebbero fornire forse nuovi criteri di giudizio ed indurre a valutazioni critiche più com­prensive e più equanimi.
La silloge siciliana, preceduta da ima breve introduzione di Gaetano Falzone, ai apre (pp. 7-33) con un saggio di Francesco Brancato concernente uno degli aspetti più interessanti e meno noti della crisi siciliana della primavera 1860, e cioè la partecipazione del clero agli avvenimenti insurrezionali. Il Brancato, studioso noto per la serietà e la prudenza delle sue indagini, era certo il più adatto per affrontare un argomento di tale delicatezza, e c'è da rincrescersi, che egli non l'abbia approfondito ulteriormente. La rivo­luzione del 1860, infatti, a differenza di quella prevalentemente autonomistica del 1820 e di quella costituzionale del 1848, è impregnata di uno spirito religioso la cui calda viva­cità non ha mancato di colpire, sia attraverso le pittoresche notazioni dei memorialisti, primissimo il Bandi, sia, ma assai marginalmente in occasione delle ricostruzioni storiche complessive. Sul carattere di questa religiosità occorre peraltro preliminarmente inten­dersi. Essa non è certamente quella della Chiesa ufficiale, e l'allineamento del basso clero nelle file insurrezionali risponde a moventi di ordine sociale che prevalgono sugli seni-poli di natura teologica. Questo è il punto cruciale defla questione, che il Brancato, pur adombrando spesso e talora documentando, avrebbe fatto bene a sottolineare più marca­tamente. Convertitasi l'aristocrazia all'unitarismo sabaudo per ragioni che torneremo ad esaminare più avanti, a proposito del libro del Moscati, dispersa la borghesia liberale dalla repressione poliziesca ed a causa dell'emigrazione, pietrificata quella conservatrice io una prassi amministrativa senza sbocco politico* i contadini sono il Bolo strato della popolazione siciliana su cui la propaganda garibaldina, nelle sue forme democratiche più avanzate, riesca a far presa. Mentre le truppe borboniche sono sgretolate da un'azione sistematica di alta mafia che taglia le comunicazioni e fa il vuoto intorno a loro, sotto l'impulso del patriziato liberale, i contadini passano decisamente all'offensiva sulle parole d'ordine della riforma dei tributi locali o della quotizzazione del demanio. Frati e preti dì campagna solidarizzano con loro per comunanza d'origine e di vita, perchè partecipano delle loro stesse sofferenze ed aspirano alla medesime rivendicazioni di giustìzia sociale ed amministrativa. In città non è cosi, in quanto le corporazioni artigiane, le vecchie e