Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVI ; GERMANIA (REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA)
anno <1961>   pagina <142>
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142 Libri e periodici
La relaziono che Lanza invia il 17 maggio da Palermo, con quei corrieri dispersi, compagni d'armi assassinati, le truppe sprovviste di viveri, i telegrafi abbattati, è docu­mento impressionante dell'isolamento onde il governo è attanagliato in Sicilia dinanzi al] esplosione compatta di una guerriglia su larga scala sistematicamente organizzata dall'aristocrazia e dalla borghesia intellettuale. Il rifiuto di Pietro Vcntimiglia a collabo­rare col commissario straordinario non è che la manifestazione formale di un conflitto di fondo che si conosceva da tempo ma che ì traccheggiamenti del re e di Castelcicala avevano colpevolmente evitato di approfondire e risolvere.
Nel frattempo, a Napoli si diffondevano e prevalevano idee costituzionali, prota­gonista, com'è noto, l'ambasciatore spagnolo Bermudez de Castro, una cui interessantis­sima lettera 23 giugno 1860 è edita dal Moscati. L'influente diplomatico esclude una resurrezione della feudale, aristocratica e contraddittoria costituzione siciliana del 1812 ed anebe un richiamo in vigore poro e semplice (come poi si verificò) della costituzione del 1848. Egli suggerisce l'adozione del sistema spagnolo del 1845 ovvero una rielabora­zione della carta belga del 1830 secondo direttive diverse da quelle a cui si era attenuto Bozzelli nel 1848. Ma soprattutto fini e notevoli, anche retrospettivamente, sono le conside­razioni che il de Castro sviluppa a proposito dello Statuto bonapartesco, alla cui adozione egli si dichiara contrario parec que certe Constitution, repoussée par les libéraux et non soutenue par la Franco, serait en butte aux attaques incessantes du Piémont et de l'An-gleterre. Le projet de Constitution imperiale qui aurait été peut-etre excellent il y a six mois, ne contenterait personne aujourd'huì : il che è il migliore riconoscimento della tempestività e della lungimiranza delle proposte di Filangieri nella primavera 1859.
Per quanto concerne il regime costituzionale, finalmente, che si pone ai margini degli interessi sostanziali del Moscati (i documenti borbonici di famiglia e quelli relativi alla missione MannaWinspeare, da lui pubblicati, non aggiungono gran che a quanto già si sapeva), buone cose sono edite dal Saladino, soprattutto interessanti perchè si riferi­scono agli echeggiamenti provinciali dell'atto sovrano, nei quali, come abbiamo accennato, è da rintracciarsi la testimonianza diretta delle modalità onde la borghesia agraria ed intellettuale attestò il proprio spostamento interno, il <c cambio della guardia locale e sociale, al cospetto dei grandi rivolgimenti politici circostanti. Ecco cosi il 21 luglio il sottintendente di Sulmona chiedere di essere autorizzato a formare subito la Guardia Nazionale sulla proposta degli onesti uomini di ogni comune per fronteggiare mene reazionarie per cui sono da intendersi agitazioni agricole a cui i proprietari meditano di reagire con un'organizzazione armata. Ecco il 28 luglio l'intendente di Aquila deplorare che pochissimi cittadini concorrano ai nuovi uffici costituzionali, nell'evidente intento di riservarsi per migliori fortune. Ecco là circolare 30 luglio del ministero di Polizia sui disordini salariali che già conosciamo; ecco le corrispondenze della prima decade d'agosto sull'invasione di terre demaniali in Basilicata, che il governo cerca di controllare con la pia disperata energia. Desiderio di non ripeterci ci suggerisce di non soffermarci su questi documenti, che tracciano comunque la via per l'approfondimento critico più denso di risultati della crisi finale del regno di Napoli.
Di somma importanza, infine, e sempre editi dal Saladino, sono un memoriale di Pietro Ulloa sulle combinazioni ministeriali accentrate intorno al suo nome, sulle fatali ed enigmatiche contraddizioni del re, sulla drammatica defezione finale del principe d'Ischi teli a (il Moscati giustamente suggerisce d'investigare a fondo il ruolo assunto dagli TJlioa); e la patetica relazione 10 settembre 1860 del duca di Caianello al re, ormai rin­chiudo in Gaeta, sulla missione affidatagli presso Napoleone III, il quale non sa far altro ebe consigliare al Borbone una Battaglia campale contro Garibaldi. Nello storico colloquio che ha luogo il 4 settembre a Chambéry, dinanzi all'indifferente cortesia dell'interlocutore, al duca non rimane che giocare ancora una volta la carta sempre caduta invano: L'An* gleterre se vengo sur le royaume de Naples du voyago triomphant de V. M. dans ses nou-velles proviuces . Sembra davvero di assistere,, con queste parole a cui l'imperatore non offre alcun segno di riscontro, all'innltisaarsi rovinoso della politica di Filangieri e, con essa, alla scomparsa di ogni giustificazione storica per la sopravvivenza autonoma del regno
di Napoli. RAFFAELE COLAMETOA