Rassegna storica del Risorgimento

PARLAMENTI ; SARDEGNA (REGNO DI)
anno <1961>   pagina <557>
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Nel centenario del Senato subalpino 557
l'avvento alla presidenza del Consiglio di Cavour, forte dell'appoggio del co­siddetto connubio, la lotta parlamentare in Piemonte riassunse un carattere squisitamente politico non più, conciliabile col vecchio e puro riformismo carlo-albertino, la posizione antiministeriale del Senato si irrigidì.
Si cominciò con la legge sul matrimonio civile, che fu respinta dal Senato con 39 voti contro 38. Fu una vittoria di stretta misura, che scoprì la Corona, perchè il 39 voto dei vincitori fu quello del presidente Manno, che era depo­sitario del volere del re e che fino a quel momento in ogni votazione si era sempre astenuto, Cavour aveva promesso al re dì non insistere ripresentando la legge e mantenne la promessa (20 dicembre 1852).
Si proseguì con la discussione della legge sulla Banca unica di Stato caldeggiata da Cavour Cavour, che meditava la guerra dHndipendenza, aveva .dinanzi agli occhi della mente il grande precedente storico di Più il giovane, che spalleggiato dalla Banca d'Inghilterra, aveva potuto sostenere la lotta gigantesca contro la Francia della Rivoluzione e dell'Impero. Ma allora si rizzò contro Cavour il Giulio. Il Giulio intuiva, come nota acutamente l'Omo-deo,1) che per mezzo del credito bancario lo Stato avrebbe attinto più profon­damente alle riserve del paese e tutti si sarebbero trovati presi colle loro for­tune nelle vicende di una possibile guerra. Cavour fu battuto per la seconda volta con 32 voti contro 28 (18 novembre 1853).
Ma la battaglia decisiva tra Cavour e il Senato si combattè nel 1855, a proposito dell'offerta fatta da un vescovosenatore, mons. Calabiana, a nome del clero subalpino, della somma di 900.000 lire purché non si incamerassero i beni dei conventi secondo la legge proposta dal Guardasigilli Rattazzi. Mons. Calabiana era d'accordo col grosso del Senato e soprattutto col re, Cavour si dimise, ma il re, impotente a fronteggiare la crisi prodotta dalle sue dimissioni, fu costretto a richiamarlo al potere e a permettergli di far ingoiare il rospo della legge Rattazzi al Senato, il 10 maggio 1855.
ha vittoria di Cavour fu decisiva. H Senato era stato vinto senza bisogno d'una riforma o d'una infornata, e uno dei più autorevoli senatori, il conte Gallina, pur accusando Cavour di avere instaurato una dittatura parlamen­tare, confessava di non trovar nulla di meglio da sostituirvi: Oggi in Pie­monte disse, a quanto il Massari ci attesta nel suo Diario non c'è un governo costituzionale, ma una dittatura, contro la quale io mi guardo dal far nulla perchè non saprei come surrogarla. La vittoria di Cavour non segnava il trionfo di una dittatura parlamentare, ma piuttosto la sostituzione dell'egemonia parlamentare a quel paternalismo costituzionale regio che aveva avuto nel proclama di Moncalieri la sua più* chiara espressione.
Comunque, da allora l'atteggiamento dominante del Senato verso Cavour cambiò e s'iniziò una fase che potremmo definire la liberalizzazione del Se­nato. Al posto del presidente, barone Manno, uomo del re, fu nominato il
i-) Op. eh,, voi I, p. 273.