Rassegna storica del Risorgimento
MATURI WALTER
anno
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1961
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pagina
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565
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Vultimo scritto inèdito di Walter Maturi 565
toro Rota non poteva non lasciare qualche eco in uno studioso meridionale, venuto frattanto in Roma a contatto con Gioacchino Volpe e col mondo di interessi storici tra diplomatici e politici proprio, in quel momento, della sua scuola. Già, per le ricerche sul Concordato, Maturi si era venuto familiarizzando con le fonti archivistiche relative alla diplomazia borbonica, e nel 1927, in un articolo apparso nell* Archìvio Storico di Corsica , aveva delineato in pagine succose e fin troppo sottili le costanti della politica estera napoletana, cercando di individuare una linea che da Tanucci, salvo la parentesi ActonMaria Carolina, doveva protrarsi giù. giù sino a Ferdinando II: la difesa dell'ideale setteeentesco dell'equilibrio e della libertà d'Italia . Vincitore perciò con Chabod e Morandi nel 1930 del- concorso per la Scuola Sto-rica Nazionale ricordo, tra parentesi, che il giudizio - relazione su di lui venne redatto, a penna e nella sua scrittura tremolante e d'altro secolo, dal venerando e più che nonagenario Paolo Boselli e il fatto, quasi per quel crisma di antico che sanciva il suo ingresso ufficiale nella Scuola di Roma, riuscì assai caro al Maturi era naturale che gli venisse fatto di annunciare al Volpe il suo proposito, come tema di studio per il triennio d'alunnato, di indagare su quel filone. E l'idea non poteva non piacere al Maestro.
Il problema gli si configurava così nel '700 coinè rapporto tra due tradizioni dinastiche: i Savoia, assunti da poco al titolo regio e forza giovane , che aspirano a rompere a proprio vantaggio l'equilibrio italiano, e i Borboni, eredi della politica quietistica e decadente degli ultimi stati regionali italiani, Medici e Farnese, e custodi perciò del vecchio principio della libertà d'Italia , in una vigile opposizione al re sardo . Le voci di riconoscimento della realtà piemontese da parte dei più. scaltriti diplomatici napoletani si pensi al Caracciolo venivano raccolte dal Maturi con singolare cura, come con altrettale compiaci* mento egli coglieva, nei rapporti di un Di Breme o di un Castellalfer, le testimonianze dell'interesse subalpino per le personalità più spiccate del nuovo ceto dirigente meridionale.
E il periodo dell'esilio parallelo, in Sicilia dei Borboni e in Sardegna dei Savoia, coi legami matrimoniali tra le due Case e la collaborazione, gomito a gomito, dei suoi diplomatici inseriti nel gioco anglo-russo, nei salotti di Pietroburgo o negli ambulacri del Congresso di Vienna, con tutti i problemi generali che esso investiva, con tutte le figure che esso richiamava, da De Maistre a Pozzo di Borgo, da Mettermeli a Canosa, lo appassionò in sommo grado. Col risultato che quel rituffarsi nel clima napoleonico e sovrattutto in quello della restaurazione che, con i suoi sforzi di conciliare la tradizione con le nuove concezioni amministrative, gli