Rassegna storica del Risorgimento
MATURI WALTER
anno
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1961
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pagina
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566
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566 Ruggero Moscati
era già familiare per una consuetudine di studi (dal Concordato alla stessa tesi di laurea col Gentile), fini con l'attrarlo integralmente e lo portò ad abbandonare a poco a poco l'antico filone di ricerche parallele tra Napoli e Torino, per ampliare l'orizzonte di indagini in un campo assai vasto che investiva i problemi maggiori di tutto il periodo.
Excursus marginali di una assidua, intensa meditazione venivano fuori, frattanto, i saggi sul Congresso di Vienna e sulla Politica dei Borboni, e le stesse lezioni pisane sull'età napoleonica, materiate anche di documenti raccolti negli anni dell'alunnato alla Scuola; ma la ricerca originaria venne interrotta ed in sostanza abbandonata, anche perchè, egli, col suo fine senso storico, avverti che il problema come gli si era configurato all'inizio non aveva alcuna effettiva possibilità di sviluppo ed era in fondo uno pseudo-problema. In parole povere, il '700 era il '700, F800, il Risorgimento tutt'altra cosa; e voler trovare, in momenti storici diversi, la continuità di una linea che si era nel fatto spezzata con Carlo Emanuele IH, per riaffacciarsi poi con tutt'altro carattere e con ben diversa carica di nazionalità nella fase conclusiva del Risorgimento, era una ricerca che non poteva più attrarre uno studioso lucido e in continuo e costante superamento come Maturi, che reagiva contemporaneamente contro le interpretazioni autoctone e troppo brillanti, così care proprio ad Ettore Rota.
La stesura della voce Risorgimento e poi il saggio sui Partiti Politici davano intanto la misura piena della maturità dello storico, attratto verso interessi più vivi e di ben altro rilievo.
Comunque, l'amore per il vecchio tema continuava ad avere un fascino nostalgico e stimolante sulla sua mente, se non più come rapporto tra diplomazia e scontrarsi di opposte linee politiche di governo, ma come incontro tra il clima subalpino cavouriano e gli esuli meridionali. Ai Napoletani che nell'esilio piemontese si erano fatti Italiani, contribuendo a conferire essi per primi al Piemonte un maggiore carattere di italianità, gli Scialoia, i Mancini, i De Sanctis, Walter, meridionale di puro sangue, ma ormai professore a Torino e profondamente radicato nel clima subalpino, le cui tradizioni storiche conosceva in ogni sua piega quanto quelle del suo Mezzogiorno, amava congiungersi per scherzosa civetteria. Certo, erede di una grande tradizione, egli ne dava una mo-derna e scaltrita edizione, che era bonaria e scanzonata solo all'apparenza, ma nel profondo fermamente e religiosamente sentita. Quei Napoletani della vecchia destra, hegeliani e storicisti, forniti di senso dello Stato e a mezza via tra giurisdizionalismo e cattolicesimo liberale, gli erano congeniali e il loro devoto attaccamento alle libere istituzioni fiorite in Piemonte egli lo condivideva in pieno.