Rassegna storica del Risorgimento

MATURI WALTER
anno <1961>   pagina <568>
immagine non disponibile

568 Ruggero Moscati
LA PROCLAMAZIONE DI ROMA CAPITALE
Cento anni fa nasceva lo Stato unitario italiano nella forma istituzionale monarchica liberale dopo aver superato delle forti tentazioni dittatoriali tra la fine di settembre e Vottobre 1860.
Garibaldi aveva sempre ritenuta la Dittatura democratica come la tavola di salvezza nei casi d'urgenza e nei grandi frangenti in cui sogliono trovarsi i popoli . Uno dei migliori generali di Garibaldi, Giacomo Medici, divenuto poi marchese del Vascello, aveva scritto a Cavour il 28 settembre 1860 che la fase decisiva della nostra unificazione si sarebbe risolta solo togliendo di mezzo i diversi programmi, li uomini, le piccole passioni, le gare personali, tutto. Dando in una sola parola, la Dittatura al Re.
Ma più pericoloso dell'atteggiamento di Garibaldi e dei suoi generali era, forse, Patteggiamento di quei liberali, che non avevano fiducia nel vigore del loro regime per superare la crisi. Pieno di suggestione circolava tra essi un vecchio motto di Robespierre: Per conquistare la libertà, bisogna sopprimere la libertà, che Adolfo Thiers nell'Hisioiie de la Revolution francaise aveva tradotto in linguaggio conservatore nazionale liberale. Un gran colpo telegrafava Bettino Ricasoli a Cavour il 1 ottobre 1860 sarebbe di far proclamare dal Parlamento la Dittatura del re .
Vittorio Emanuele II, che doveva il suo prestigio tra gli Italiani olfatto che egli, solo tra i principi della penisola, avesse tenuto fermo allo Statuto, ebbe il buon senso di non lasciarsi attrarre dalle suggestioni die gli venivano da varie parti e dalla sua stessa natura dominatrice, e di affidarsi completa' mente a Cavour. Cavour sentiva d'impersonare il sistema liberale parlamen­tare ed era nettamente contrario all'idea di una Dittatura regia.
All'estero egli spiegava il 2 ottobre 1860 al Salvagnoli, il brillante interprete del gruppo ricasoliano avrebbe prodotto il più funesto effetto sull'opinione in Inghilterra e presso tutti i liberali del continente. Nell'interno dello Stato, poi, questo provvedimento non varrebbe certo a rimettere la con-cardia nel grande partito nazionale. Il miglior modo di dimostrare quanto il paese sia alieno dal dividere le teorie di Mazzini e i rancori di Bertoni e di Crispi, si è di lasciare al Parlamento liberissima facoltà di censura e di controllo. Il voto favorevole che sarà sancito dalla gran maggioranza dei depu­tati darà al Ministero una autorità morale di gran lunga superiore ad ogni dittatura. Il vostro consiglio riuscirebbe pertanto ad attuare il concetto di Garibaldi, che mira, appunto, ad ottenere una gran dittatura rivoluzionaria da esercitarsi in nome del Re, senza controllo di stampa libera, di guarentigie individuali né parlamentari. Io reputo invece die non sarà l'ultimo titolo di gloria per l'Italia d'aver saputo costituirsi a nazione senza sacrificare la