Rassegna storica del Risorgimento
MATURI WALTER
anno
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1961
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pagina
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600
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Franco Valsecehi
Tutta Fatti vita politica e diplomatica di Tallcyrand, secondo il Tarle, poggia su due intuizioni fondamentali. La prima, l'intuizione che il vero vincitore, nella travagliata vicenda aperta dalla rivoluzione, era la borghesia; e che con la borghesia bisognava schierarsi per sopravvivere, adottarne la mentalità e i metodi, anche se questo repugnava alla sua natura di aristocratico di nascita, di educazione. La seconda intuizione di Tallcyrand, fu che la creazione di una monarchia mondiale, mediante guerre di conquista, mediante l'assoggettamento di tutte le monarchie europee, come aveva vagheggiato Napoleone, era un'impresa irrealizzabile, assurda, che doveva fatalmente finire col fallimento e condurre alla catastrofe la Francia .
Conclusioni osserva Maturi che si possono considerare acquisite, purché non si intendano come schemi rigidi e fissi. Maturi ha un vivissimo senso delle sfumature, e del valore delle sfumature. Interprete della nuova era borghese, Talleyrand? Sì. Ma ben lungi dall'adottarne la mentalità, ben lungi dal rinnovare i metodi della diplomazia europea in senso borghese. Come ha mantenuto nel mondo borghese, di cui riconosceva l'ineluttabilità, le maniere raffinate del gentiluomo dell' ancien ré-girne, così vi ha portato la concezione e i metodi della diplomazia classica . In sostanza, i principii democratici in politica estera, che egli aveva enunciato nella lettera a Danton del 25 novembre 1792, non trovarono da parte sua alcuna applicazione pratica, e il primato dell'economico, in cui secondo il Tarle consisterebbe la caratteristica essenziale della diplomazia borghese, non ebbe nella sua attività diplomatica quel posto che ha avuto, ad esempio, in un Canning .
Così, l'altra intuizione fondamentale, l'intuizione dell'assurdità del sogno napoleonico d'egemonia sull'Europa. In fondo osserva Maturi spogliata da troppo ingenui slanci lirici, a questo si riduce gran parte della idealizzazione recente di Talleyrand, compresa quella del nostro generoso Ferrerò . D'accordo, dunque. Ma ad un patto: a patto di evitare la riduzione ai minimi termini del personaggio, come è portato a fare Tarle, insistendo, ad esempio, su di un aspetto della sua psicologia, la venalità, e sugli episodi in cui questo aspetto si manifesta. E a patto di evitare un altro, e opposto, pericolo: di sopravvalutare il personaggio e la sua azione, di collocarlo al centro della vicenda storica, di farne una specie di Deus ex machina intorno al quale la vicenda storica si muove. Come il Ferrerò, il Tarle attribuisce la restaurazione del tronco borbonico alla magia di Talleyrand e all'intuito di Alessandro; e non vede il convergere delle diverse forze che hanno contribuito all'evento. Come un tifoso di una immaginaria platea storica, il Tarle ammira l'azione vistosa di un matador quale Talleyrand, ma non vede allatto l'azione di diplomatici, che agivano con stili completamente diversi, quali Lord Castlereagh e Mettermeli .