Rassegna storica del Risorgimento

DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; MANZI TITO
anno <1961>   pagina <630>
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Narciso Nuda
L'uomo che in quegli anni incarnava, nel regno di ìNapoli, l'ideale politico di Tito Manzi era il primo ministro Medici. Sulla sua opera egli esprime, nella memoria del 1817, gli apprezzamenti più favorevoli, pur non esitando a riconoscerne i limiti e gli errori. Le sue simpatie vanno inoltre al principe Leopoldo, secondogenito del Re, che, all'arrivo a Napoli nel maggio 1815, tante speranze aveva fatto nascere nel cuore dei murat-tisti. Sostanzialmente negativo è, invece, il suo giudizio sul principe ereditario Francesco, benché il Manzi non voglia pronunciarsi su di lui troppo nettamente, non conoscendolo a sufficienza. L'uomo, invece, su cui egli appunta la sua condanna e le sue critiche più aspre è il principe di Canosa. Il Manzi, col suo giudizio, che è giudizio di persona molto addentro nelle segrete cose della polizia napoletana, conferma la fonda­tezza dell'accusa (sulla quale sino ad ora non è ancora stata fatta luce completa), *) secondo cui il Canosa mentre ricopriva a Napoli la carica di ministro della polizia avrebbe preparato le fila di una vasta insurrezione a carattere sanfedista per l'abbattimento di tutte le vestigia del precedente regime, per l'eliminazione cruenta di tutti coloro che con quel regime si erano compromessi e per la cacciata degli stessi Austriaci, che delle istituzioni di quel regime erano diventati i difensori. Nella sua condanna il Manzi coinvolge anche il re Ferdinando I. A lui il Manzi fa risalire, più che a Maria Carolina, la responsabilità delle feroci condanne del 1799, a lui addossa la responsabilità di aver inasprito, dopo il suo ritorno a Napoli, i contrasti fra i murattisti ed i sostenitori deWancien regime, schierandosi nettamente a favore di questi ultimi; e di Ferdinando I e del suo entourage egli traccia un ritratto che è tra i più vivi, ma anche dei più negativi che la storia ci abbia lasciati.2)
Il Manzi guarda, pertanto, al Mettermeli come al deux ex machina, che solo avrebbe potuto intervenire in modo efficace per costringere il Re a moderare i suoi atteggiamenti, per parare la minaccia di una reazione sanfedista, per sanare i mali da cui il regno era travagliato e gli errori che già erano stati commessi. Il Manzi, senza dubbio, andava troppo in là nelle sue illusioni. Innanzitutto egli nutriva idee esagerate circa la possibilità dell'Austria di influire sulla volontà dei singoli sovrani della penisola e sulla loro politica interna, secondariamente, se egli era nel giusto ritenendo che la politica del Governo austriaco fosse ispirata ad
i) GEr. W. MATURI, Il principe di Canosa, Firenze, Le Mounier, 1944, p. 131 sgg.
2) Particolarmente interessante è per esempio il giudizio del Manzi sul confessore del Re, mona. Cuccamo, giudizio che viene a confermare in modo esplicito le dicerie .che correvano sul grande influsso che egli esercitava sull'animo del sovrano (efr, in proposito, W. MATUIU, // concordato del 1818 tra la Santa Sede e le Due Sicilie, Firenze, Le Monniec 1929, p. 17).