Rassegna storica del Risorgimento
1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
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1961
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Carlo Pischedda
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il voto diventa una questione di raffreddori o di flussioni di denti: se due ò tre deputati non possono sedere, siamo fritti. Con. quest'istrumento in mano si potrà forse vivere ministri, ma governare no. *)
Dalle urne era dunque uscito il giudizio negativo di una considerevole frazione del paese legale sulla politica cavouriana. Sia il responso elettorale, sia e ancor più, le previsioni sulla precarietà della posizione del governo nella nuova Camera, sembravano indicazioni sufficienti per indurre Cavour alle dimissioni. Pochi mesi prima, del resto, egli stesso aveva confidato al cugino ginevrino Auguste De La Rive che se le elezioni non fossero state interamente ministeriali, la sua posizione sarebbe divenuta insostenibile, inducendolo probabilmente a lasciare la carica. 2) Ma ora che Tipo-tesi era realtà, la determinazione di Cavour rinnegava il pensiero della vigilia. La sua volontà di restare al governo, nonostante l'esito elettorale, appare da molte sue lettere di quei giorni; ma di quali pensieri e ipotesi, di quali perplessità e preoccupazioni essa fosse il risultato, lo dice, meglio di ogni altra testimonianza, un suo sfogo col Massari, in una sera di no-vembre, a frasi concitate, interrotte da pause, a misura che i diversi pensieri e le previsioni contrarie si affollavano alla sua mente:
Ci troviamo in un momento assai bratto e pericoloso. La politica di otto anni di regno corre rischio di dover essere abbandonata, ed allora che sarà della povera Italia nostra? Come farà il nostro Re, che è cosi direttamente impegnato al trionfo di quella politica? Abdicherà; ma poi?... Ma quella politica deve assolutamente trionfare. Sono otto anni, non possono essere sciupati né perduti. Io non consiglierei mai colpi di Stato, nemmeno nell'interesse della politica liberale, rispetterò sempre la volontà del mio paese; ma se esso volesse ostinarsi a rinunziare al suo avvenire, che fare? Sciogliere la Camera, ciò si può fare costituzionalmente; ma se tornasse la stessa o peggiore? Colpi di Stato non ne consigliere mai. Ma quella politica di otto anni? Mi si stringe il cuore pensando che forse dovremo abbandonarla; ma no, no, ciò non avverrà; il buon senso assiste Gianduja nei momenti difficili; no, no, non abbandoneremo quella politica, non ricorreremo a nessun mezzo straordinario per salvarla, vinceremo con i mezzi costituzionali e legali che sono la nostra forza. Non ne dubito. Si ricorda della crisi del 1849? Faceva paura ed era cosa seria; la superammo; ebbene supereremo anche questa crisi nera del 1857. *)
Non era immaginario il pericolo previsto da Cavour, né un comodo pretesto per mascherare l'ambizioso proposito di restare comunque al potere. Le dimissioni del governo potevano veramente aprire la via alla
i) Lettera di metà dicembre al Galeotti, in M. DE RTJBRIS, Carteggio politico tra M. <TAzeglio e L. Galeotti dal 1849 al 1860, Torino, 1928, p. 114.
2) CHIALA, Lettere "., voi. VI, pp. 67-69.
8) G. MASSARI, Il come di Cavour. Ricordi biografici, Torino, 1873, pp. 207-208. Il brano è sicuramente un'annotazione fatta nel diario poche ore dopo, in uno dei quaderni purtroppo perduti: ce lo conferma il fatto che nella sezione giunta fino a noi sono ripetute le ultime frasi di Cavour (Cfr. G. MASSARI, Diario dalle cento voci {1858-1860), a cura di E. Morelli, Bologna, 1959, p. 3, 6 agosto 1858).