Rassegna storica del Risorgimento

1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
anno <1961>   pagina <694>
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4*94 La crisi del connubio Cavour-Rattazzi
ministero dell'interno, lasciato dal Rattazzi il 13 gennaio 1858, fu assunto da Cavour per evitare, comunque, di dare una diversa qualificazione politica con la scelta di altro titolare; e il Lanza all'istruzione pubblica aggiunse Vinterim delle finanze, cedute da Cavour. Il connubio sembrava salvo. Ma in realtà la collaborazione governativa fra i due leaders era rotta per sem­pre. Alcuni mesi dopo 11 Rattazzi appoggiò la legge sui giurati non per be­nevolenza verso Cavour o per fedeltà al connubio, ma per non precludersi, prendendo posizione contro Napoleone IH, qualsiasi avvenire politico; ma già allora si atteggiava a oppositore, divenendo così sempre più, col favore del re, il successore designato del conte quando la stella del rivale sem­brava declinare. E lo si vide persino durante la guerra del '59, e ancora nell'estateautunno '60 e, ovviamente, nel ministero dopo Villafranca.
Ma la memoria del Boncompagni non va vista soltanto come strumento di una manovra politica. Con quel consenso pressoché totale di Cavour, essa potrebbe essere considerata quasi come il suo programma governativo dei mesi seguenti. Le leggi sulle elezioni e sulla stampa non furono infatti toccate (salvo le modifiche, nella seconda, imposte dalle pressioni francesi dopo l'attentato Orsini); non si presentarono le altre leggi in materia eccle­siastica, tanto attese da gran parte dell'opinione liberale, sul matrimonio civile, sulle fabbricerie, sull'incameramento dei beni del clero; fu avviata la riforma della legge comunale al fine di concedere maggiori libertà alle amministrazioni locali e attribuire ai contribuenti poteri più efficaci per regolare le spese straordinarie in proporzione adeguata ai mezzi disponibili (e con ciò si voleva anche correggere la ripartizione delle imposte locali, quelle appunto che rendevano più oneroso il carico del contribuente).
Però, proprio per oneste concordanze, e alcune altre minori, fra le opinioni del Cavour e del Boncompagni, risulta tanto più evidente un punto essenziale di dissenso. Col dire che la politica italiana doveva essere con­tinuata, ma epurandola d'ogni intenzione aggressiva, non adeguata alle scarse forze subalpine, rispettando i trattati del '15 finché l'Europa stessa non li avesse posti in discussione e rimandando a un avvenire indetermi­nato e indeterminabile la lotta d'indipendenza, il Boncompagni proponeva in pratica di mettere in disparte la questione italiana. La sua era un'altra manifestazione dello stato d'animo ormai diffuso nell'opinione piemontese, felicemente avvertito dall'Omodeo, del desiderio di andar cauti, di proce­dere lenti, di riformare il regno e attendere, date le scarse capacità di imporre il proprio volere. ') Il Boncompagni non s'avvedeva che in quella
*) A. OMODEO, V'opera politica del conte di Cavour, Firenze, 1940, voi. II, p. 203 sgg. CJfr. ora B. ROMEO, M Risorgimento, in Storia del Piemonte, promossa dalla Famija Pie1* monteisa di Roma, Torino, 1961, voi. I, p. 412 sgg.