Rassegna storica del Risorgimento

1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
anno <1961>   pagina <700>
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La crisi dal connubio Cavour-Rat tu zzi
contraria molti i quali abitualmente non si frammettono di politica, ma pure talvolta possono suscitare delle difficoltà al Governo, come appunta avvenne nelle recenti elezioni. Il rimedio ad una cosi fatta condizione di cose non può aspettarsi che dal tempo, e da quella educazione politica la quale accompagna il lungo uso della libertà costi tuzionale.
Ma affinchè questa educazione progredisca è necessario che, se non lo ha tutta la parte liberale, almeno abbia il governo questo programma ben preciso, e ben definito. È necessario che questo programma sia ridòtto ad effetto col concorso di tutti i liberali, i quali debbono acconciarvi!, se non per piena convinzione, almeno per sentimento di pru­denza politica, affine di non lasciar luogo alla prevalenza di una parte che avversa sistema­ticamente ogni principio di libertà, hi necessario che il Governo non chiuda la via albi conciliazione per coloro i quali diedero qualche appoggio alla parte retriva non tanto per avversione alla libertà quanto per esagerato timore delle pazzie e delle enormità a cui diede qualche volta il pretesto. Quest'opera moderatrice e conciliatrice non è scevra di difficoltà, le quali sorgono dalle prevenzioni dell'una e dell'altra parte, ma essa è più che altrove facile in Piemonte, dove le cattive passioni politiche sono poche, e dove il naturale temperamento inclina alla moderazione anche coloro che a parole paiono esageratissimi.
Avendo cosi esposto lo spirito generale, da cui panni debba informarsi la politica del Ministero in seguito alle ultime elezioni, è necessario toccare alcun che del contegno da tenersi verso la nuova Camera. Uno scioglimento fatto in tempo opportuno condurrebbe probabilmente una maggioranza più liberale; tuttavia è questo un rimedio eroico perchè il Governo possa applicarlo, se pure non sorge un motivo grave, e per ora non prevedibile di consigliare alla Corona che esplori il voto della nazione. Il Governo debbe cosi adoperare ad accordarsi con la nuova Camera ed a far sì che la presenza in essa di una parte retriva alquanto numerosa non ci tragga ad una politica meno liberale di quella che fu seguita finora. La pròna cosa da farsi è di procedere con molta imparzialità, ma con molto rigore, nella verificazione dei poteri, e cogliere questa occasione per svelare e stimatizzare tutte lo arti che furono adoperate a traviare l'opinione degli elettori. In secondo luogo converrà preparare e cogliere l'occasione delle discussioni, in cui vengano in campo i principi del programma politico del Ministero. In questa occasione converrà che il Governo si mostri irremovibilmente deciso a non transigere con coloro che, invocando i principi di religione e di conservazione, vorrebbero fare indietreggiare il paese, ma converrà altresì che si mo­stri risoluto a conciliarsi tutti coloro che ammettono la sostanza dei principi liberali.
La questione più grave che sorga dalle contingenze attuali del paese è quella se ilMini-stero non debba in qualche parte modificarsi. La composizione attuale di esso è l'espressione dell'idea, che fu accolta nella Camera dei Deputati, allorquando si convenne in quella unione che ebbe nome di connubio. Era giusto, era opportuno che tutti coloro i quali volevano la conservazione delle libertà nazionali si unissero, affine di preservare il Piemonte dalla riazione che imperversava in tutti gli Stati continentali dell'Europa Effetto di quell'unione politica fu l'ingresso, nei consigli della Corona, di due membri della Camera dei Deputati, i quali avevano avuto gran parte nella politica prima dei democratici, poi al centro sini­stro. Ma l'unione delle due parti politiche convenuta allora non potè esser fatta a questo patto che l'opposizione, la quale allora si accostava al Governo, dovesse aver sempre alcuno dei suoi membri ncH'amministrazionc dello Stato. Si sarebbero così alterate le naturali condizioni di ogni fusione o connubio che voglia chiamarsi tra due parti politiche; fusione e connubio che consistono appunto in eiò che fra tutti coloro i quali li compongono si scambi una eguale fiducia. Che ciascuno dia il suo appoggio a quello che possa venire chia­mato all'amministrazione dello Stato. Invocare un patto di fusione politica per pretendere che una delle parti che la consentirono abbia quasi un diritto dinastico ad alcuno dei por­tafogli sarebbe una teoria costituzionale molto strana. Fondarsi su questa pretensione per ricusare o dare più mollemente appoggio ad un Ministero che contrasti ai retrivi sarebbe atto di pessimo cittadino. Conviene dunque smettere ogni preoccupazione che si fondi sull'ipotesi che al Ministero siano assolatamente necessari o i due che ora ne fanno parte, o altri membri di quella frazione della Camera che in occasione del connubio promise il suo concorso al Governo, e rimane da esaminare, tenendo un conto imparziale dei fatti,