Rassegna storica del Risorgimento

1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
anno <1961>   pagina <701>
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Carle Pischedda
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se la presenza dei due membri che appartennero già al centro sinistro cresca vigore ai amnisterò. L'aver appartenuto ad una opposizione più liberale che il governo non fosse dà e deve dare un certo prestigio ad un Ministero. Ma che questo prestigio siasi in gran parte dileguato ne sono argomento le votazioni dei collegi elettorali che li avevano per candidati e più particolarmente quella del collegio di Alessandria; ne sono argomento le parole dei giornali liberali, parole che non debbono aversi per oracoli, ma che pure rivelano un fatto di cui si debbe tener conto. Ai due Ministri cui si accenna si affacciavano le questioni più importanti di riforma interna. Essi non seppero risolverle. Altri probabilmente non avrebbe saputo far meglio di loro, ma questo fatto o piuttosto questo non fatto bastò per allon­tanare da loro gran parte di favore pubblico. II Ministro dell'Interno lasciò andar Genova all'orlo del precipizio, usò soverchia severità verso una parte dell'emigrazione che meri-lava tutta la protezione del Governo*
Sono queste accuse che si vanno da ogni parte ripetendo, e senza entrare ad esami­nare quanto siano fondate, non si può a meno di riconoscere che hanno influito sulla opi­nione pubblica. È certamente grande sventura che questi Ministri sorti dall'opposizione liberale non abbiano per sé un prestigio che sarebbe di grande utilità all'andamento della cosa pubblica. Io non affermo che si abbiano in pronto uomini, la cui presenza al Mini­stero sia più utile della loro. Non ignoro quante difficoltà possano accompagnare una mo­dificazione anche parziale dell'amministrazione, io credo tuttavia che le condizioni siano tali da non permettere al Ministero di affacciarsi olla nuova Camera ed al paese col famoso motto sint ut suni aul non sint.
Riepiloghiamo. Il paese è minacciato per parte dei retrivi di un pericolo di cui non avevamo contezza.
Il Piemonte ha degli elementi di forza che lo mettono in grado di vincere questo pericolo: l'unione del He e del paese, la provata lealtà di quello, la provata temperanza di questo. Queste forze superarono già difficoltà ben più gravi delle presenti: quelle del­l'ultra democrazia nel 1848, quelle della reazione italica ed europea nel 1849 e negli anni successivi. Noi dovremo ancora lottare, ma se non ci verranno meno il senno e la perserver ranza, il passato ci sta mallevadore dell'avvenire, e noi indubi tornente vinceremo.
H Governo deve mantenere il suo programma. Deve applicarlo in modo che si mostri molto risoluto contro gli avversari palesi ed occulti delle nostre libertà, ma che si mostri ad un tempo molto conciliativo cogli uomini liberali, senza rendere impossibile il riacco­stamento di coloro che momentaneamente si accostarono ai nostri avversari, non per animo avverso alla libertà, ma per timore di pericoli che in realtà non esistevano.
La questione di persone non si deve frammettere a complicare la questione di cose. Il Ministero non debbe dismettersi, ma non debbe neanche ostinarsi a mantenersi senza modificazione quale è, qualora il modificarsi possa agevolare l'andamento della cosa pub­blica, e dargli maggior vigore nella lotta cui debbe sostenere.