Rassegna storica del Risorgimento

1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
anno <1961>   pagina <708>
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708 Libri e periodici
fase velleitaria od abbastanza dispersiva. La crisi siciliana restò aperta, trasferendosi od inasprendosi sul terreno culturale e soprattutto storiografici, dove alla concezione mul­tarla normanna dei Napoletani ai contrappose cpiella particolaristica aragonese dei Siciliani, al guclfisrao angioino e romantteheggiante degli uni l'acre classicismo ghibel­lino degli altri. Le esigenze dell'equilibrio continentale spingendo all'unita, patrocinata da Londra, ed all'assolutismo, imposto da Vienna (come scultoreamente compendiava il Medici la situazione) la frattura permase, pur nella reciproca coscienza detta sua gravità* Né Ferdinando II, su cui il giudizio dell'A* è opportunamente, pur su basi rigorosamente politiche, severissimo, seppe superare il dualismo e il contrasto con una dinamica opera riformistica che sapesse conferire alla borghesia siciliana la coscienza della dignità della propria funzione entifeudale, e sfrattare su piano organicamente statale la pratica ammi­nistrativa e la duttilità di governo della classe dirigente murattiana.
RAFFAELE COLAMETHA
RENÉ DOJ.LOT, Trieste et la Franca (1702-1958). Ilisloire d'un Consultili Paris, Ed. A. Pedone, 1961, in 8, pp. 259. S. p.
R. Dollot è stato console di Francia a Trieste dal 1919 al 1931 ed è noto, oltre che come direttore della Revue d'histoire diplomatiqne (sulla quale il presente studio ha visto perla prima voltala luce tra il 1958 e il 1960), come studioso di diritto internazionale e, più. particolarmente, della storia e della teoria della neutralità. Nonostante ciò e nono­stante il titolo o, meglio, il sottotitolo del volume in questione, non ci troviamo di fronte ad uno studio di storia diplomatica. Il Dollot, infatti, pur facendo largo uso, sino al 1897, dei documenti del Consolato di Francia a Trieste in deposito presso le Ardiives National cs (per il periodo 1758-1792) e presso le Archivcs du Ministèrc des Affaires Etrangères (per il periodo dal 1793 in poi), non ha voluto con esso tracciare una vera e propria storia di questo Consolato, mapiuttosto offrire agli storici e agli uomini di cultura (e di gusto) un brillante saggio sui rapporti politici, culturali e morali tra Trieste e la Francia, nonché attestare la sua personale simpatia, il suo amore per la città giuliana. Riprendendo ed ampliando i suoi numerosi studi, saggi e articoli dedicati a figure e momenti della storia dei Francesi a Trieste (ricordiamo tra i più importanti Un ami do Casanova: le comic de Saint-Sauver, consul de Franco à Trieste, del 1934, Le premier exil du roi Jerome à Trieste, del 1938, Un emigrò: le comte de Pontgibaud, Joseph Labrousse , del 1942, Les joumées adriatiques de Stendhal, del 1948, Chateaubriand à Trieste, del 1951), egli ci ha dato un quadro almeno sino al 1840 (che per i rimanenti anni del secolo scorso il suo dire è molto più rapido e impressionistico e per il nostro secolo pressoché muto) preciso e soprattutto ricco e suggestivo della società francese a Trieste, ricostruito e sulle relazioni e i dispacci consolari e, soprattutto, su un minutissimo esame delle opere lette" rarie e degli studi, francesi e italiani, riguardanti la città giuliana.
Sotto gli occhi del lettore passano in questo libro per Trieste come in una serie di acquarelli e di graziose tempere le sfortunate Mesdames, le sorelle di Luigi XVI in fuga per l'Italia sotto rincalzare delle armate repubblicane, e gli emigrati degli anni della Rivoluzione, i generali francesi a tre riprese conquistatori, Fouché, pròna come gover­natore delle provincie illiriche e poi - come l'ex re Gerolamo e la sorella Elisa Baciocchi come profugo, Chateaubriand di passaggio per l'Oriente, Stendhal, per cinque mesi, tra il 1830 e il 1831, console del Re dei Francesi in vana attesa del gradimento di Vienna; e lo stesso lettore può vedere Trieste come la videro e la descrissero o la immaginarono ai loto tempi uomini tra loro diversissimi come Dcsaix e Larrcy, Nodier, Chateaubriand e Stendhal, Marmier e Verno e constatare la sconcertante univocità delle loro visioni, anche dei più lontani tra essi psicologicamente e culturalmente, di un Dcsaix e di uno Stendhal per esempio.
Né si deve credere, da ciò che abbiamo detto, che questo libro sia privo dì interesse per lo storico: più di una paginaper fare solo alcuni esempi, quelle dedicate agli emigrati