Rassegna storica del Risorgimento
1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
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Libri e periodici 711
più scoperti, ma limitandosi per il resto all'attendismo, nella consapevolezza di non poter subire alcuna concorrenza o sorpresa.
Viceversa, un'incidenza davvero preminente, contro affrettati schematismi econo-micistici, ha il fattore religioso, e ciò non tanto in Irlanda, dove il problema cattolico si complica col timore della jacquerie contadina, quanto precisamente nei confronti dell'Italia, sede del papato e perciò della superstizione e delle peggiori manifestazioni diaboliche. Varrebbe la pena d'indagare quanto di questa propaganda raccapricciante rispondesse alle reali convinzioni ed al reale fervore religioso di predicatori e viaggiatori, e quanto al contrario si dovesse ad un intento nazionalistico, che ripeteva formule ed immagini d'un tempo nel quale effettivamente il fanatismo antipapista era stato elemento principalissimo della resistenza e concordia nazionali. Questa valutazione strumentalistica, e non più apodittica, del papato risalta palesemente, se non erro, nell'entusiasmo per Pio IX, che apparirebbe sorprendente, a spezzare una tradizione d'ostilità tre volte-secolare, se non si riflettesse all'obiettivo intelligentemente conservatore che sarebbe stato possibile perseguire grazie al riformismo pontificio. E, accanto al fattore religioso, quello culturale del primo romanticismo alla Byron, che delinea il quadro di un'Italia di maniera, ricca di bellezze e di orrori parimenti sconvolgenti, ma comunque attraentis-sima per una sensibilità tempestosa quale quella uscita dalla bufera napoleonica.
Appunto nel corso di questa, il Canning aveva compiuto quella rivoluzionaria assunzione nel campo inglese di tutte le nazioni che, in un modo o nell'altro, combattessero contro la Francia. Pare all'A. che da questo indiscriminato appello Canning facesse discendere non uno stimolo alle istituzioni rappresentative, ma almeno un solenne riconoscimento del diritto di nazionalità. A me non pare neppure questo.
La ricerca dell'equilibrio europeo è un dato cosi costante della politica estera inglese che non se ne può mai e per alcun motivo prescindere. Nel giugno 1808 la Francia (non la tirannide napoleonica, si badi) altera in modo profondo e durevole tale equilibrio. È ciò che si deve evitare, senza badare a mezzi. Ma non per questo si riconoscono i diritti nazionali del popolo spagnolo contro l'invasione francese. Il concetto di Canning, agile e dinamico, coincide verso il medesimo obiettivo di quello immobilistico di Castiereag.li: si tratta di impedire una preminenza, non di suscitare una indipendenza. D concetto negativo prevale sempre su quello positivo, anche se questo sembri emergere per necessità contingenti. Il rapido esaurimento del filone rivoluzionario tahig di Fox e Sheridan conferma tale impressione. Nel passaggio dal radicalismo dal momento politico a quello economico, attraverso l'utilitarismo filosofico di Bentham- e Mill, si ha la controprova del venir meno delle suggestioni cosmopolite rispetto a precisi interessi della produzione nazionale. Ed il fallimento della politica di Castlereagh consiste appunto nel delinearsi del pericolo che un sistema di sicurezza reciproca incapsulasse ed immobilizzasse l'Inghilterra, sottraendolo quella funzione di moderatrice di un equilibrio dialettico che le verrà restituita da Canning e poi sviluppata su piano mondiale da Palmerston. Ad essa corrisponde, su piano interno e paradigmatico, nn equilibrio riformistico che prescinde da rivendicazioni rivoluzionarie di diritti individuali di tipo francese, e rinviene la sua espressione in Peel, l'uomo che svolse tutta la potenzialità riformistica del torismo, apparendo, con Canning, e sintomaticamente, trattandosi di conservatori ben lontani dal successivo liberalismo classico, il modello da seguire al giovane Cavour (sarebbe d'altro canto da precisare chi sono i puri, autentici w/tigs, tra Fox e Russell, e cioè per Io spazio di quarant'anni).
Poste queste basi interpretative e questo premesse d'atmosfera ideologica, l'A. si addentra nell'esame particolareggiato dello vicende del biennio da lui esaminato, esame imperniato sul riconoscimento dell'interesse inglese alla permanenza di una forte presenza austriaca in Europa e dell'ostilità dell'opinione pubblica alla guerra albertista, che altera unilateralmente le condizioni dell'equilibrio. Ma l'elemento determinante della situazione è la rottura verificatasi, dopo una lunga crisi abilmente palliata dal pacifista e conservatore Aberdeen per sfruttare l'involuzione reazionaria di Guizot, tra Londra e Parigi. Di conseguenza, sul problema della salvaguardia austriaca prevale massicciamente