Rassegna storica del Risorgimento
1857 ; BON COMPAGNI CARLO ; RATTAZZI URBANO ; CAVOUR, CAMILLO B
anno
<
1961
>
pagina
<
715
>
Libri e periadici
715
il territorio mantovano nel 1859, a cura di 6. CONIGLIO C E. FARIO; Mantova, Tipografia Alce, 19S9, in 8, pp. 281. S. p.
Mantova, al nord e alVest per l'impaludamento del Mincio naturalmente difesa da attacchi nemici e già sin dai secol i trascorsi munita di cinta murata e di una ragguardevole piazzaforte, più che molte sue città consorelle nel periodo risorgimentale fu sottoposta ai disagi di ogni sorta a partire propriamente dal 1814, e cioè da quando, tornati ? li Austriaci in possesso della Lombardia, dedicarono alla fortezza mantovana, lasciata precedentemente quasi in abbandono, opere assidue e tenaci di rafforzamento e di rimodernamento sì che in poco tempo essa costituì nel Quadrilatero dopo Verona il caposaldo più potente e robusto. Ma le tristi vicende della città e le sofferenze patite da quel popolo generoso particolarmente tra il 1848 e il 1866 sono per Io più ignorate, specie dagli indotti, perchè non abbiamo a tutt'oggi al proposito alcun lavoro organico. Sopperisce ora alla bisogna in buona parte per il 1859 questo grosso volume (il secondo di una collana di studi promossa lodevolmente dall'Amministrazione provinciale di Mantova per le celebrazioni del centenario dell'Unità d'Italia) il quale raccoglie una ricca silloge di documenti inediti dell'epoca, tratti a cura intelligente di G. Coniglio e 11 i I. Fario che vi han premesso una lucida introduzione, dagli Archivi di Stato di Mantova, di Milano e di Vienna. Mette conto di dar notizia ai nostri lettori delle attestazioni più caratteristiche. Come sappiamo dalla storiografia recente, nel tardo pomeriggio del 27 aprile, mentre la Prussia, appoggiata dalla Inghilterra, si adoprava per una pacifica risoluzione della grave vertenza austro-sarda, con una mossa frettolosa Francesco Giuseppe decideva d'iniziare le ostilità: costretto, egli dirà nel manifesto lungo e pomposo comunicato il giorno successivo ai suoi popoli, di por mano alla spada per la difesa dell'onore e del buon diritto dell'Austria e dei diritti di tutti i Popoli e Stati e dei beni più sacri dell'umanità; ma in realtà per appagare la sete di vendetta che sin dalla guerra di Crimea gli ardeva nel cuore contro l'odiato Cavour. Tre giorni dopo il comandante della piazzaforte mantovano, il truce barone di Coluz, che sin dal 1849 vi padroneggiava, annunciava agli abitanti che la città e la fortezza eran dichiarate in Stato d'Assedio, e contemporaneamente emanava in un'ordinanza severissime disposizioni militari per evitare che e per turbamento dell'ordine pubblico o qualsiasi altro avvenimento la Guarnigione fosse obbligata d'intervenire e di far uso dell'armi. L'8 maggio il governatore della Lombardia, tenente maresciallo Melczer di Kellemcs, istituiva in Mantova uno stabile giudizio di guerra con il raggio giurisdizionale delle Provincie Mantova-Brescia-Cremona-Bergamo per garantire ad ogni costo la sicurezza dello Stato, avvertendo che si sarebbe proceduto secondo le leggi militari quand'anche i crimini fossero commessi da persona civile. Pesante pertanto si fece la situazione a Mantova e in tutto il territorio mantovano non solo per la rigorosissima disciplina imposta dalla polizia, ma pur anco, e segnatamente, per le difficoltà del vettovagliamento reso ogni di più incerto per il continuo affluire nella piazzaforte di nuove forze austriache, per cui il comandante richiedeva requisizioni di ogni specie, ma soprattutto di bestiami e di cereali, e requisiva anche lavoratori, ricche veniva a mancare la mano d'opera, per lavori pressanti di faticosi fortilizi o di appostamenti campali. Si andò così man mano inasprendo la crisi economica che durava da anni sia per cause contingenti sia, come si legge in un saggio penetrante di R. Giusti, comparso su questa stessa rivista, per i tradizionali pregiudizi, sempre vivi, dei contadini, per l'arretratezza della tecnica agricola e per lo scarso interessamento delle autorità locali: crisi che però nel 1856-57 pareva di già avviarsi verso una lenta risalita.
Ma ad onta delle sofferenze materiali e delle innumeri rappresaglie non venne meno, ncanco nei momenti prò calamitosi, la fermezza indomita dell'animo dei mantovani: molti i casi, ricordati nei documenti, di mutilati volontari per la chiamata alle armi; di assenze di giovani di leva fuggiti per lo più in Piemonte con il favoreggiamento di partecipanti a società segrete, di cui alcuni, scoperti e arrestati, subirono forti pene; di lavoratori prescritti che abbandonarono il lavoro perchè troppo opprimente o non vi si presentarono punto. E tumulti scoppiarono in alcuni luoghi nei giorni destinati per l'estrazione a sorte dei coscritti, e ciò già poco prima dell'inizio delle operazioni belliche (a Viadana