Rassegna storica del Risorgimento
EMILIANI GIOVANNI
anno
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1962
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pagina
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90
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90 Giuseppe Fonterossi
storica è chiara e precisa; come Gaetano Davoli non era stato sui Monti Parioli, cosi non fu il 25 ottobre 1867 a Casa Ajani.
Le narrazioni coevo del glorioso episodio, sia di fonte liberale sia papalina, e le stesse carte processuali, provano che nessuno dei valorosi della Lungarctta riusci a salvarsi dalla morte o dalla prigionia. Allora come adesso l'edificio Ajani era in un isolato, che i gendarmi e la truppa pontificia avevano circondato, appunto per impedire le fughe. Gessato il fuoco, chi potè cercò scampo al terzo piano dell'edificio nell'abitazione di Antonio Catenacci, e nelle case vicine di Giovanni Ajoni in via della Renella n. 10 e di Adriano Capocci nel vicolo S. Rufina n. 47.
Secondo il racconto del Pomelli, Gaetano Davoli, uscito dal lanificio Ajani, si sarebbe salvato gettandosi a nuoto nel Teverone, ma chi conosce la topografia di Roma sa benissimo quanti chilometri egli avrebbe dovuto percorrere sul cavallo di San Francesco per arrivare dalla Lungaretta alla foce dell'Amene, chiamata appunto Teverone.
Queste false notizie il Pomelli le ebbe certamente dal Davoli, suo intimo amico, che doveva essere nomo di sbrigliata fantasia, eguale in ciò ad Amilcare Cipriani, il quale in certe sue tarde memorie presentava il postiglione reggiano addirittura come un Fanfulla redivivo.
Anche altri particolari della biografia di Gaetano Davoli narrati dal Pomelli, e ripresi dal Marmiroli, non reggono, in realtà, alla più superficiale indagine critica. Valga un esempio. Se il Davoli, dopo la fine della Comune di Parigi fosse stato veramente condannato a morte da una Corte Marziale, nessun ufficiale francese avrebbe potuto salvarlo all'ultimo istante dal plotone di esecuzione, sia pure dopo una patetica scena che sembra tratta dalle ultime battute di un vecchio drammone del Federici. D'altra parte è ben conosciuto, che non uno degli stranieri che avevano militato in quella sanguinosa guerra civile nelle file dei comunardi venne condotto al Muro dei Federati. Infatti il Davoli, dopo un anno di prigionia, venne rimesso in libertà.
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Un ammonimento valido per tutti noi che ci occupiamo delle figure del Risorgimento, e massime di quelle minori o addirittura minime, scaturisce da quanto abbiamo detto: è necessario andare molto cauti nel prendere per oro di zecchino certe leggende, o meglio favole, raccontate o scritte.
Anche a noi in altri tempi accadde d'incontrare fra i vecchi garibaldini dei curiosi tipi d'ingenui millantatori, fra cui un toscano, il quale, approfittando di una quasi omonimia, si vantava di aver combattuto a Yilla Glori; ed un altro che asseriva di essere stato compagno di Oberdan, di aver visto arrestare a Ronchi il martire triestino, e di essersi salvato dalla forca austriaca con una miracolosa fuga.
E quanti falsi reduci di Mentana non ottennero dallo Stato il modestissimo assegno di riconoscenza nazionale per mezzo del famoso atto notorio?
Potremmo continuare citando altre stravaganze del medesimo genere, che ri possono leggere in biografie e perfino in carteggi di uomini anche eminenti. Ma il discorso ci porterebbe troppo lontano* A noi basta aver detto quanto era necessario, anzi doveroso, per rivendicare la memoria di un modesto patriota romagnolo, e per convalidare la verità storica sui fatti di Casa Ajani.
GIUSEPPE FONTEROSSI